La stretta sui clandestini. "Arresti in chiese e scuole"

Stop alle direttive che vietano di agire in "aree sensibili". Gli Stati Dem fanno causa a Trump sullo ius soli. Basta aiuti ai Paesi esteri

La stretta sui clandestini. "Arresti in chiese e scuole"
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Donald Trump non perde tempo e nelle prime ventiquattr'ore alla Casa Bianca dà seguito a numerose azioni promesse durante la campagna elettorale. A partire, ovviamente, dall'immigrazione illegale, uno dei suoi cavalli di battaglia. Il segretario ad interim alla Sicurezza interna, Benjamine Huffman, ha annunciato in una nota che le autorità federali potranno condurre retate nelle scuole, nelle chiese e nelle aree vicine, mettendo fine a due direttive in base alle quali venivano evitate le cosiddette «aree sensibili»: «I criminali non potranno più nascondersi».

Lo zar per il confine del 47esimo presidente americano, Tom Homan, ha annunciato che le «operazioni mirate» contro i clandestini sono iniziate da ieri. E la decisione del tycoon di dichiarare l'emergenza nazionale al confine con il Messico, che prevede l'invio dell'esercito alla frontiera, è «la cosa giusta da fare», ha spiegato Homan, teorico della grande deportazione, famiglie comprese, e già direttore dell'agenzia responsabile per il controllo delle frontiere, l'Us Immigration and Customs Enforcement. Il dossier è un tema centrale degli ordini esecutivi firmati da Trump, il quale ha decretato pure l'abolizione della cittadinanza per i bambini di immigrati che sono nel Paese illegalmente o non hanno un visto permanente (la Green Card). Lo Ius Soli, tuttavia, è un diritto sancito dalla Costituzione americana ed è parso chiaro sin da subito che la mossa avrebbe scatenato dure battaglie legali. Ieri 18 stati e città democratiche hanno lanciato la prima azione legali contro l'amministrazione Usa per cercare di bloccare il decreto, affermando che l'abolizione dello Ius Soli viola la Costituzione e le leggi sull'immigrazione.

The Donald, da parte sua, ha pure ordinato lo stop dell'app Cbp One, che consentiva ai migranti di prenotare gli appuntamenti per ottenere l'ingresso legale negli Stati Uniti, usata dal governo Biden per consentire a circa 900mila persone di entrare nel Paese durante gli ultimi due anni del suo mandato. Quindi ha ripristinato la politica «Remain in Mexico», secondo cui le persone che fanno domanda per entrare negli Usa non possono varcare il confine finché la loro domanda non viene approvata.

Altro punto cruciale dell'America First è la guerra dei dazi. Il presidente ha affermato che potrebbe imporli al 25% contro Messico e Canada dal 1° febbraio. Eventualità a cui Ottawa risponderà «fermamente», ha avvertito il premier canadese (uscente) Justin Trudeau. Inoltre, Trump ha firmato un ordine esecutivo che sospende tutti i programmi di assistenza estera degli Stati Uniti per 90 giorni, in attesa di revisioni. Il decreto afferma che «l'industria e la burocrazia degli aiuti esteri non sono allineate con gli interessi americani e in molti casi sono antitetiche ai valori americani» e «servono a destabilizzare la pace mondiale».

E Trump ribadisce l'idea di acquisire la Groenlandia: durante la prima improvvisata conferenza stampa nello Studio Ovale, si è detto convinto che la Danimarca «accetterà» di cederla (questione di sicurezza internazionale, a suo parere). Ma il ministro degli Esteri danese ha avvertito che nessun Paese può fare come vuole in Groenlandia.

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