Un blitz. Un'operazione giocata su due elementi: la rapidità e la segretezza, o quasi, fino all'ultimo minuto. Emergono i dettagli di quel che è accaduto fra Roma e Milano, fino alla liberazione di Mohammad Abedini, l'ingegnere iraniano protagonista dello scambio differito con Cecilia Sala.
Come si sa, la giornalista del Foglio era rientrata mercoledì da Teheran e dalla prigionia andata avanti per tre settimane nel famigerato carcere di Evin. Si aspettava dunque, da un momento all'altro, la scarcerazione dell'ingegnere che avrebbe consegnato alla Repubblica Islamica la tecnologia utilizzata per uccidere con i droni tre soldati americani in Giordania. Il ministro della giustizia aveva detto che avrebbe atteso la decisione della corte d'appello di Milano e dell'udienza fissata per domani: la difesa dell'uomo chiedeva i domiciliari, come primo passo verso la libertà.
Ma nel week end Carlo Nordio cambia spartito e decide di non attendere un verdetto che, immaginavamo prima e sappiamo ora, sarebbe stato fatalmente sfavorevole. Con ogni probabilità, almeno sulla base delle carte disponibili, Abedini sarebbe rimasto in cella. E questo avrebbe reso più problematico e clamoroso lo strappo del Guardasigilli che a quel punto ha deciso di correre verso la soluzione obbligata, prevista dalla faticosa intesa sotterranea raggiunta fra le intelligence di Roma e Teheran.
Dunque, solo sabato sera i magistrati milanesi sono stati avvisati che il loro programma sarebbe stato sconvolto: il collegio ha ricevuto la notizia che domenica mattina avrebbe dovuto riunirsi per ratificare di fatto la decisione del Ministro di liberare di gran carriera il detenuto. Fine delle discussioni, delle ipotesi e delle dispute giuridiche. Nordio ha esercitato i poteri previsti dall'articolo 718 del codice di procedura penale che rendono legittimo l'intervento a gamba tesa del Guardasigilli quando c'è di mezzo un soggetto che dovrebbe essere estradato. Insomma, quando la politica e la diplomazia si impongono sulle regole del diritto. Così è stato. Nordio ha abbandonato le preoccupazioni che l'avevano spinto in prima battuta a sollecitare i giudici a confermare l'arresto, e in sostanza ha ordinato loro di lasciarlo andare. Perchè - si legge in un comunicato - i reati non stavano in piedi.
L'avvocato Alfredo De Francesco a sua volta è stato chiamato all'ultimo minuto domenica mattina direttamente dal carcere. E nel giro di una manciata di ore il caso si è chiuso. Alle undici del mattino Abedini ha varcato il portone di Opera. A quel punto, dopo un ultimo colloquio con il suo legale, Abedini è stato imbarcato su un volo speciale dell'Aise con destinazione Teheran, mentre si diffondevano voci su un suo inesistente passaggio a Palazzo di giustizia. In realtà l'ingegnere era già in volo per Teheran, anche se, come ricostruisce l'agenzia Ansa, non aveva nemmeno il passaporto.
Resta in una cassaforte della procura di Milano il materiale sequestrato al momento della sua cattura a Malpensa.
Smartphone, chiavette usb, tablet, schede tecniche, materiale che era contenuto in un trolley e assai ghiotto per gli americani. Il match è ancora in corso: gli Usa potrebbero ottenere, via rogatoria, copia dei dispositivi. E dei segreti di Abedini. E, insomma, indirettamente metterebbero le mani sul fuggiasco e sui suoi misteri.
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