Sui test rapidi svolta in arrivo. Lo standard resta il molecolare

Risultato sicuro in 20 minuti solo con quelli di ultima generazione: c'è l'ok del ministero, saranno conteggiati

Sui test rapidi svolta in arrivo. Lo standard resta il molecolare

È arrivato il via libera dal ministero della Salute ai test antigenici rapidi per la definizione dei casi. Un'apertura fortemente richiesta dalle regioni ma che resta condizionata ad una serie di criteri precisati nella circolare firmata dal direttore generale della prevenzione Gianni Rezza. Anche il risultato di questi test verrà calcolato ai fini della elaborazione del bollettino quotidiano ma dovrà essere distinto da quello ottenuto con i tamponi molecolari ritenuti comunque più affidabili anche rispetto ai test rapidi di ultima generazione.

Un'indicazione che punta fare chiarezza. Da mesi esperti, statistici e matematici, ripetono che il monitoraggio dei positivi e il conseguente bollettino emesso quotidianamente in realtà rappresenta una fotografia sfocata e frammentata visto che ciascuna regione segue modalità di registrazione diverse. Ora entreranno nel conteggio anche i test rapidi ma in un registro a parte e comunque sempre confermati da un secondo test di ultima generazione o molecolare e nel caso di risultati discordanti prevarrà sempre quello fornito dal molecolare.

Nella circolare infatti si ribadisce che il gold standard restano i tamponi molecolari e comunque tra i test antigenici soltanto quelli di ultima generazione si avvicinano a quel livello di affidabilità. Comunque la quarantena scatterà subito anche con il rapido positivo.

Dunque si raccomanda ai laboratori regionali di utilizzare «test antigenici rapidi che abbiano i seguenti requisiti minimi di performance: superiore o uguale ad una sensibilità dell' 80% e ad una specificità del 97». Mentre è noto che la maggioranza dei test rapidi ha un alto tasso di falsi negativi, che raggiunge il 30 per cento.

Dunque la valutazione sull'affidabilità del risultato del test varia per una serie di fattori: prima di tutto se si tratta di un test di prima e seconda generazione o di ultima generazione. Solo questi ultimi per gli esperti «sembrano mostrare risultati sovrapponibili a quelli dei test molecolari e quindi risultano esserne una valida alternativa» se «utilizzati nella prima settimana di infezione». Per i test rapidi di prima e seconda generazione nella quasi totalità dei casi servirà un altro test di conferma se il risultato del primo test è negativo.

Ma anche nel caso si fosse effettuato un test di ultima generazione ma le condizioni del soggetto risultassero invece sovrapponibili a un caso Covid per sintomi allora non resterà che eseguire il tampone molecolare. Insomma per un conteggio certo dei casi positivi il ministero insiste sulla promozione del molecolare.

Per i test rapidi di prima e seconda generazione si evidenzia la possibilità di usarli nelle persone sintomatiche e in situazioni di urgenza a tutela della sanità pubblica.

Ad esempio se ci si trova difronte all'insorgenza di un focolaio per testare i casi probabili, i contatti sintomatici. Da utilizzare anche nelle Rsa o nelle carceri, nei centri d'accoglienza laddove ci siano casi confermati con molecolare.

E comunque un caso di soggetto sintomatico va testato entro 5 giorni dai primi sintomi e anche se vengono utilizzati «test antigenici a lettura fluorescente o ancor meglio test basati su immunofluorescenza con lettura in microfluidica» in caso di eventuale risultato negativo il test deve essere ripetuto o con un molecolare o almeno un secondo test antigenico rapido dopo un paio di giorni.

Insomma come è evidente, i paletti per l'uso dei test rapidi sono ancora molti.

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