A Milano ormai hanno anche un nome preciso: sono i «maranza», crasi tra «marocchino» e «zanza» che in gergo milanese significa furfante. Per lo più minori, hanno tra i 15 e i 17 anni, viaggiano in bande e colpiscono in centro ma anche in periferia: rubano per il gusto di farlo, aggrediscono per uno sguardo sgradito, e come ha detto il procuratore capo del Tribunale dei Minori di Milano «sono accomunati dal desiderio di pareggiare i conti con chi è nato più fortunato». E per fortuna, spesso intendono solo un piumino firmato. Da qui parte l'iniziativa del progetto di legge presentato ieri dalla Lega in Lombardia: affrontare il fenomeno delle baby gang prendendolo anche dalla fine. Come? Ad esempio impiegando bulli e vandali (come recita la proposta di legge) «allo svolgimento di attività di riparazione in favore delle vittime e della comunità territoriale, mediante attività sociali e lavori socialmente utili». Chi sbaglia paga. Ma chi sbaglia «ripaga anche la propria città - spiega Alessandro Corbetta, capogruppo della Lega in Regione - ad esempio sistemando le aiuole, oppure dedicando tempo e attenzione nelle Rsa con gli anziani o nelle strutture per aiutare i disabili» e magari dare così un altro contorno al concetto di sfortuna, di lavoro, di impegno e di sacrificio. Se da una parte infatti la Regione non può inasprire le sanzioni, peraltro appena riviste dalla legge nazionale approvata a novembre che va dallo stop all'uso dei cellulari per i ragazzini responsabili di violenze alle pene più severe per i genitori che non mandano i figli a scuola, può invece intervenire nella prevenzione.
Il progetto di legge prevede lo stanziamento di 700mila euro all'anno (per tre anni) per finanziare iniziative specie nei quartieri dove risulta più diffusa la presenza delle baby gang, ma anche per avviare interventi di natura urbanistica, culturale, sportiva, psicologica e pedagogica, nonché la creazione di sportelli di ascolto, attraverso protocolli d'intesa con comuni, istituzioni scolastiche, e soggetti del terzo settore competenti, per ribaltare una cultura ormai (troppo) diffusa di violenza e aggressioni.
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