Avrebbero accumulato così tanti soldi con le tangenti nella sanità pugliese da avere difficoltà a spenderli. Di questo si sarebbe lamentata la moglie di un dirigente della Asl di Bari arrestato ieri insieme ad altre nove persone nell'ambito di un'inchiesta su un giro di mazzette per appalti di manutenzione degli ospedali affidati irregolarmente da pubblici ufficiali appartenenti alla Asl del capoluogo pugliese a imprenditori amici, in cambio di regali e favori.
I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno eseguito dieci ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip Giuseppe Ronzino su richiesta del procuratore Roberto Rossi. Le accuse - in concorso tra loro e a vario titolo per condotte andate avanti dal 2021 all'agosto del 2024 - comprendono reati di associazione a delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio, falso, turbativa d'asta e subappalti illeciti. Gli indagati sono in tutto diciassette, sei le persone finite in carcere e quattro ai domiciliari. Si tratta di un'inchiesta nata nell'ambito del fascicolo sull'ospedale Covid della Fiera del Levante. Attraverso pedinamenti, intercettazioni e l'analisi dei tabulati telefonici gli investigatori hanno scoperto una fitta rete di collusione tra pubblici ufficiali e imprenditori per manipolare le assegnazioni di lavori pubblici in ambito sanitario. All'interno degli uffici strategici della Asl i magistrati hanno individuato un «mercato» consolidato di favori che avrebbe fatto lievitare i costi degli appalti. Un grande classico: i funzionari coinvolti ottenevano benefici economici in cambio di vantaggi per gli imprenditori che volevano mettere le mani sugli appalti della sanità. Nell'ordinanza di custodia cautelare il gip parla di un vero e proprio «mercimonio della funzione pubblica». Gli indagati avrebbero dimostrato di possedere una spiccata propensione a delinquere, tanto da ricorrere a particolari accorgimenti per non farsi scoprire. Avevano per esempio l'accortezza di far depositare agli imprenditori i cellulari nei loro uffici, per poi invitarli a proseguire gli incontri in luoghi di passaggio o fuori dai locali che ospitano gli uffici della Asl. Usavano un linguaggio criptico, soprannomi e si scambiavano «pizzini» mentre erano nella stessa stanza per evitare di essere intercettati. Tra i funzionari coinvolti e gli imprenditori c'era un legame di fiducia reciproca talmente forte che questi ultimi si sarebbero prestati a fungere da «cassaforte» per le tangenti, trasferendo le provviste di denaro in luoghi sicuri. Soldi, ma anche gioielli, borse griffate, ristrutturazioni. Sono stati sequestrati 320mila euro in contanti, borse Louis Vuitton e Gucci. «Sono tutta decorata Cartier, Vuitton, Hermes», scherza una delle indagate in un'intercettazione. È sempre la moglie di uno dei dirigenti arrestati ad ostentare le proprie ricchezze, parlando del denaro contante che non riesce a spendere, neanche dal dentista, per niente contento di essere pagato con 6mila euro cash.
Alcuni indagati avevano anche concordato una versione da fornire agli inquirenti nel caso fossero stati scoperti: «Se vengo a fare una perquisizione a casa tua e ti trovo 20mila euro in contanti, tu puoi dire io quei soldi li ho avuti da mio padre che mi ha dato l'eredità oppure io percepisco il fitto a nero e che ho tenuto da parte. Mica lo puoi dimostrare che è una tangente? Mica sta scritto sopra alla banconota tangente».
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