Operai, cittadini, comitati di quartiere, mamme. Per un giorno sono tutti insieme, in festa l'uno accanto all'altro, per applaudire una sentenza storica con la quale si comincia a incidere la parola «giustizia» nella storia di Taranto. Quando la Corte di Assise del capoluogo jonico ufficializza la condanna a 22 e 20 anni di reclusione per Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori del polo siderurgico, e a tre anni e mezzo per l'ex governatore della Puglia Nichi Vendola, in città esplode una gioia incontenibile e impensabile fino a qualche mese fa.
In un solo giorno anni di terrore, morti premature, denunce e battaglie legali sembrano finalmente un po' più lontani. In piazza ci sono tutti: ambientalisti, rappresentanti del movimento Tamburi Combattenti, associazioni che aderiscono al Comitato per la salute e per l'ambiente (Peacelink, Comitato quartiere Tamburi, Donne e futuro per Taranto libera, Genitori tarantini, LiberiAmo Taranto e Lovely Taranto). C'è anche il consigliere comunale Vincenzo Fornaro, ex allevatore che subì l'abbattimento di circa 600 ovini contaminati dalla diossina. «Questo è il giorno in cui si stabilirà, dopo 13 anni, chi ha ragione tra un manipolo di pazzi sognatori che continuano a immaginare un futuro diverso», dice prima dell'attesissima sentenza. Gli fa eco Carla Luccarelli, presidente dell'associazione Giorgioforever e mamma di Giorgio Di Ponzio, morto a soli 15 anni lo scorso 25 gennaio a causa di una grave malattia correlata all'inquinamento prodotto dall'acciaieria: «Finalmente vediamo qualcuno pagare per quello che ha fatto dice -, per quello che è stato fatto a un'intera città. È un processo che parla di anni di disastro ambientale, anni di inquinamento, e il pensiero che ci viene alla mente è che se si fossero fermati in tempo tanta gente sarebbe ancora qui con noi a festeggiare e a vivere». È soprattutto la parola «giustizia» a riecheggiare fra le strade della città. Sono in tanti a pronunciarla, a urlarla. Fra loro anche Massimo Castellana, portavoce dell'associazione Genitori tarantini: «Finalmente la giustizia è rientrata nei confini di Taranto dopo essere stata relegata dal nostro territorio per tanti anni, come quel Cristo che si è fermato a Eboli commenta -. Tanti anni, anni di malattia, di morte soprattutto di bambini, di un immenso inquinamento ambientale che ha decimato nel cuore i tarantini. Questa sentenza finalmente pone sotto la giusta ottica quello che è stato commesso in questi anni». A Taranto è il giorno della gioia, ma anche delle lacrime. Lacrime liberatorie, che si alternano a momenti di incredulità e di felicità incontenibile.
Dopo la lettura della sentenza di primo grado c'è chi piange soprattutto i genitori dei tantissimi bimbi che a causa di quell'impianto hanno perso la vita -, c'è chi urla «Taranto libera» e chi affigge manifesti per ricordare che «I bimbi di Taranto vogliono vivere». Oggi, grazie a queste condanne, la fine di un lungo incubo sembra più vicina.
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