Una tassa occulta da 80 miliardi di euro. Invisibile. Ma che ha già iniziato a erodere i risparmi degli italiani. Una cifra pari a oltre 10 volte quella appena stanziata dal governo per contenere le bollette e incentivare l'auto. A tanto si arriva con un semplice conto: applicando il tasso di inflazione, cioè l'aumento del costo della vita ovvero il calo del potere d'acquisto, allo stock di risparmi giacenti in banca sui conti correnti degli italiani.
Lo ha sottolineato, ieri, Lando Sileoni, il numero uno del principale sindacato bancario nazionale, la Fabi, ospite de La7. «Oggi l'inflazione è al 4,8% - ha detto Sileoni - e corrisponde a una tassa occulta su conti correnti da 76 miliardi di euro, calcolata sul totale complessivo di 1.604 miliardi lasciati in banca dalle famiglie italiane. Ogni persona che ha i soldi sul conto corrente e come se perdesse il 4,8% di potere d'acquisto e quindi ha comunque un effetto negativo diretto anche, ma non solo, sui consumi».
Il tema del risparmio lasciato «improduttivo» è di attualità da tempo. Ma con il ritorno dell'inflazione diventa un problema ancora più serio: non è solo privare l'economia di un flusso di risorse pari a poco meno del Pil, che se affluisse sul mercato dei capitali potrebbe trasformarsi in investimenti e dunque in prodotto interno; ma è anche vederle lentamente perdere di valore.
La questione ha anche una valenza politica, che Sileoni ha ben chiara da tempo, e che ora si ripresenta: la mancanza di fiducia nei confronti dei poteri dello Stato, della loro capacità di migliorare il benessere della loro popolazione. Una situazione che dura almeno da qualche lustro, ma che nemmeno questo governo di unità nazionale guidato dall'ex presidente della Bce è riuscito a cambiare. «Il Covid - ha detto Sileoni - si è tradotto in un calo drastico dei consumi, perché nell'incertezza generata dalla pandemia gli italiani hanno risparmiato. Credo comunque che i cittadini non si fidino molto della loro classe politica o almeno di una parte di essa e credo che i partiti dovrebbero impegnarsi per selezionare al meglio la loro classe dirigente. Questo sarebbe già un notevole passo avanti».
Il risultato è in ogni caso controproducente, perché tenere i soldi sotto il materasso della banca non li difende dall'aumento dei prezzi. E se qualcuno pensa che la crescita dei rendimenti (i Btp sono tornati al 2%) e quella imminente dei tassi ufficiali possa almeno in parte lenire i dolori dell'inflazione, attraverso un aumento delle remunerazioni dei conti correnti, si sbaglia di grosso: andrà ancora bene se le banche non aumenteranno i costi. Per loro, infatti, il modello di business classico, quello che prevede di remunerare la raccolta per poi prestarla alle imprese, con un margine di interesse, è al tramonto. Le banche non considerano più gli impieghi il loro core business, preferendo le commissioni di varia natura, a cominciare da quelle sulla gestione del risparmio.
Per ristabilire il circolo virtuoso risparmio-investimento ci vorrà un ritorno di fiamma della fiducia nel nostro stesso Paese. A meno che non arrivino prima nuovi soggetti finanziari (come gli over the top) a colmare il vuoto. Conquistandosi il nostro risparmio.
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