Vito Crimi lo ha chiamato «cronoprogramma», per Nicola Zingaretti è un «patto», mentre Matteo Renzi ha parlato di «documento». Di sicuro c'è che sarà scritto, come il contratto di governo dei gialloverdi. Ma che soprattutto rischia di diventare una tela di Penelope di veti e contro veti, in grado di bruciare per sempre le chance di una tripletta di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. Basta osservare Renzi, provare a decriptare le sue mosse, per capire come l'accordo programmatico possa nascondere una serie di trappole per l'avvocato di Volturara Appula. E tocca ammettere che l'ex rottamatore ne ha già elencate una porzione. Tra gli «elementi divisivi» snocciolati dal leader di Italia Viva dopo l'incontro con Roberto Fico ci sono «il Mes, le infrastrutture, il reddito di cittadinanza, i banchi a rotelle». Palla al centro.
Qualche ora prima era stato il reggente grillino Crimi a porre la sua condizione per stilare questo benedetto cronoprogramma: il Mes. Liquidato come «un tema provocatorio» usato strumentalmente per fomentare le divisioni. Per il M5s «deve uscire dall'agenda». Dimenticavamo la giustizia. Cosa scriveranno i giallorossi nel loro contratto? Il casus belli della crisi è stato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, capodelegazione del M5s, alfiere di una riforma della prescrizione dal sapore giustizialista, in ossequio al dna del grillismo. Renzi, che aveva minacciato la caduta del governo a gennaio dell'anno scorso sullo stesso tema, vuole mostrarsi come il più garantista sulla piazza. Complicato conciliare tutto e mettere nero su bianco, anche alla luce dell'esperienza precedente. L'unico governo basato su un contratto è durato circa un anno, tra un litigio e l'altro di M5s e Lega. Complesso scrivere un accordo di fine legislatura anche se venisse confermata un'altra delle condizioni poste da Renzi per accettare un Conte ter. Quale? Liberarsi del reddito di cittadinanza. Una misura bombardata verbalmente dall'ex premier e dai renziani a ogni piè sospinto. Sul Salva Stati il M5s ha ribadito durante una riunione sul cronoprogramma che non ci sarà nessuna trattativa. «La discussione su questo è chiusa», spiegano i grillini. I renziani invece sabato avevano occhieggiato all'apertura di un tavolo per discuterne. Ma con i tavoli si sa quando si comincia ma mai quando si finisce. Conte non può fare altro che osservare la discussione tra i partiti e al loro interno. Con preoccupazione. Perché se pure si riuscisse a venire a capo del cronoprogramma-patto-documento, potrebbe venire fuori qualcuno (Renzi) e spiegare che se Fico è stato capace di fare sintesi in questo momento difficile, allora è in grado pure di guidare il governo. E il M5s non potrebbe fare muro nei confronti di un suo uomo.
Se è difficile comporre il puzzle dei temi, allora il quadro dei nomi diventa un rompicapo. Nel Palazzo si dice che Renzi vorrebbe per il suo partito tre ministeri per digerire un tris di Conte. Gli Esteri per se stesso, la conferma della Bellanova all'Agricoltura e l'Istruzione o addirittura l'Economia per Maria Elena Boschi. La nemesi, quest'ultima, per i grillini. E sono tante le teste che il senatore di Rignano vorrebbe far rotolare. Si parte con Bonafede alla Giustizia e Lucia Azzolina all'Istruzione. Questo per quanto riguarda i banchi del Consiglio dei ministri. Senza contare l'ostilità di Renzi per il commissario tuttofare Domenico Arcuri e soprattutto per il portavoce di Palazzo Chigi Rocco Casalino. Tutte voci che hanno spinto Conte a commentare: «Non mi umilierò per Renzi». Ed ecco i piani B. Ogni partito ne ha uno. Quello del M5s è il più complicato. I grillini reggerebbero soltanto con un premier pentastellato. Perciò fanno circolare i nomi di Fico, Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli. Una soluzione che il Pd e Iv digerirebbero. Dem e renziani però rimarrebbero compatti in maggioranza anche con uno schema «Ursula» o di larghe intese, con un tecnico a Chigi.
Mario Draghi è il preferito dal già rottamatore, ma il Quirinale potrebbe imporre Marta Cartabia o Carlo Cottarelli. Draghi potrebbe accomodarsi al Ministero dell'Economia con Cartabia premier. Infine c'è l'opzione Pd. E sono stati fatti i nomi di Paolo Gentiloni e Dario Franceschini. Tocca solo vedere dove porterà il cronoprogramma.
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