Milano. «È un momento in cui bisogna decidere da che parte stare e chi sostenere», dice Letizia Moratti dal palco della manifestazione pro Ucraina Slava Ukraini. Sotto l'Arco della Pace e di fronte ad almeno 5mila persone, l'ex assessore al Welfare del Pirellone ricorda suo padre Paolo come «un partigiano che ha combattuto con convinzione il regime fascista e l'occupazione nazista, quando penso alla resistenza ucraina mi ricollego ai suoi racconti», rivendica il ruolo delle donne in politica e sposta per un attimo l'attenzione sull'Iran ricordando chi l'ha preceduta sul palco, la giovane Samira Ardalani. È la prima discesa in campo con il Terzo polo, ma chi si aspettava l'ufficialità di una candidatura è rimasto deluso. «Eppure sarebbe interessante, darebbe il senso di un'operazione riformista», dice Matteo Renzi prima di sfilarsi e lasciare onori e oneri a Carlo Calenda, vittima di una mini contestazione con tanto di cartello («Lunga gittata») per la sua contrarietà all'invio di queste armi. «Puoi chiedere la pace votando contemporaneamente per non mandare le armi in Ucraina? No - dice Calenda con un dribbling linguistico, incassando gli applausi - stai chiedendo la resa, esattamente quello che Putin vuole. Non è facile per la Moratti stare in questa piazza, ma è giusto che ci sia...». Poi stona Bella ciao, con un po' di imbarazzo: «Anche noi siamo titolati a cantarla». La piazza semigremita di Milano è un piccolo successo per Italia viva e Azione, che provano a smarcarsi dal finto pacifismo anti Nato della piazza romana di Pd e Cinque stelle. «Enrico Letta a Roma è stato contestato? Qui non lo sarebbe stato», sibila il leader di Azione, che inchioda l'ex premier Giuseppe Conte alle sue capriole: «È stato con Salvini, putinista, filo-Trump, ha firmato la via della Seta con i cinesi, ha deciso che è progressista e pacifista. C'è una definizione: si chiama qualunquismo». Poi strizza l'occhio a quella parte del Pd interessata al progetto terzopolista. Come Carlo Cottarelli, insolitamente casual, che alla Moratti stringe la mano. «Un ticket con lui? Da parte mia c'è molto rispetto», dice donna Letizia. L'economista invece fa spallucce: «Un ticket con lei? È una donna di grande esperienza ma vorrei capire cosa voglia dire... Ho dato la mia disponibilità, ho detto che serve una coalizione sufficientemente ampia e un programma condiviso ma nessuno mi ha telefonato». Intorno al palco lo stato maggiore del Terzo polo: si riconoscono Maria Stella Gelmini, Elena Bonetti, Mattia Richetti, Luciano Nobili, Mara Carfagna e Maria Elena Boschi, che prima sorride ai fotografi poi si fa seria: «Abbiamo avuto molti scontri con Letta ma voglio fargli arrivare la mia solidarietà. È ingiusto insultare il segretario Pd e chiedergli di uscire da una manifestazione per la pace», commenta l'ex ministro delle Riforme. In giro si notano il radicale Marco Cappato, l'ex An Filippo Rossi, l'ex sottosegretario agli Esteri Bobo Craxi, esponenti della Compagnia delle Opere, qualche ex portatore d'acqua (e di voti) di Forza Italia legato alla Gelmini, il capogruppo dem a Palazzo Marino Filippo Barberis, l'assessore alla Casa Pierfrancesco Maran, la consigliera regionale lombarda Carmela Rozza e l'ormai ex Pd Carmine Pacente, folgorato da Calenda. Un'ipotetica alleanza Terzo polo-Pd in nome dell'«odiata» Moratti manda in tilt il senatore dem Alessandro Alfieri: «Fermiamo queste destre ma se si parte dai nomi non andiamo da nessuna parte. Incontriamoci su una figura che può unire. E se si parla di ticket si sbaglia», commenta. Ma la disgregazione del Nazareno è sotto gli occhi di tutti, Renzi e Calenda lavorano ai fianchi il Pd partendo dalle sue roccaforti. Come a Firenze, dove la scelta della consigliera comunale Barbara Felleca di mollare Letta per aderire a Italia Viva «va vista come una piccola scossa che anticipa un terremoto», commenta un renziano della prima ora.
«Alle Regionali andremo da soli - ragiona un'altra fonte con Il Giornale - ma lo scenario a cui guardare sono le Europee del 2024, con l'obiettivo di calamitare la naturale polverizzazione di alcuni partiti, dal Pd alla Lega, da Forza Italia ai Cinque stelle, stritolati dallo strapotere di Fratelli d'Italia da una parte e dal naturale indebolimento di due forze d'opposizione, incapaci di guardare al di là dei propri steccati». Più che una proposta di pace, una dichiarazione di guerra.
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