Non c'è niente da fare, è l'estate dello scontrino pazzo. Dopo il Toastgate di Gera Lario non passa giorno senza che da qualche parte spunti la lagnanza di un cliente convinto di essere stato truffato da un losco ristoratore. Ieri l'ultimo caso: due turisti romani si sono visti recapitare un conto da 60 euro dal bar di un albergo di Porto Cervo (e vabbè, Porto Cervo) per un'ordinazione che consisteva in due caffè accompagnati da non richiesti cioccolatini e da due bottigliette d'acqua.
La notizia, si fa per dire, segue di poche ore la Tigellopoli di Maranello, città emiliana cara agli appassionati di auto. E quasi un prezzo da Ferrari è quello che si è visto calcolare un nutrito (in tutti i sensi) gruppo di persone che volevano abboffarsi di gnocco fritto e tigelle, prodotti tradizionalmente modesti ancorché saporitissimi, accompagnati da qualche salume locale: il conto finale pare sia stato di 845 euro. Ne è nata una discreta gazzarra, con il gruppo di mangiatori a far notare che sì, erano 24 in totale, ma 11 erano bambini in molti casi piccolissimi, e che 65 euro a persona erano un po' troppi per un chiosco di paese. E il titolare a difendersi dicendo che il conto non era affatto di 845 euro bensì di 620, e che comunque gnocco e tigelle saranno pure cibi poveri, ma quelli lì ne hanno mangiati a crepapanza, e che poi c'era da bere, acque minerali e birre. Dopo una trattativa ecco lo sconto: il tigellaro si è accontentato di 585 euro, ciò che dimostrerebbe, secondo la comitiva, la sua malafede dell'esercente. Il quale nega: «Ma no, l'ho fatto per quieto vivere». Amen.
Tutte storie che non avrebbero goduto di tale rilievo mediatico se non ci fosse stato il peccato originale di Gera Lario, dove a giugno un barista ebbe l'ardire di chiedere a un coppia di clienti di poca fame (ma ora molta fama) due euro per il servizio del taglio di un toast da condividere. «Loro peraltro il toast lo presentano già tagliato», dicono i presunti raggirati. «Ma no, ho dovuto mettere una persona a farlo, e poi lavare i piattini e i tovaglioli costa».
Sulla scia ecco il caso dell'Osteria del Cavolo di Finale Ligure, rilanciato con il consueto garbo da Selvaggia Lucarelli: una coppia con bambina va a mangiare e chiede un piattino vuoto per la figlia piccola, per consentirle di assaggiare le pietanze dei genitori. Anche qui una tassa da due euro sullo scontrino e anche qui polemiche e versioni contrastanti. I clienti: «Possibile pagare per un piattino vuoto». L'oste (del Cavolo): «La fanno facile, vogliono mangiare per tre e spendere per uno. E i piatti chi li lava?». Una storia resa più surreale da quello che è accaduto dopo: Tripadvisor ha sospeso per eccesso di contumelie il «titolo» dell'Osteria sulla piattaforma, soprattutto perché la gran parte di coloro che rivendicavano il diritto di insulto in quel locale non avevano messo mai piede, tradendo così il business core di Tripadvisor. E ha dovuto fare lo stesso anche per un omonimo locale di Monza, che non c'emntrava nulla ma un bel po' di shitstorm se l'è dovuta sciroppare.
E in questo quadro di truffatori e
truffati, fa notizia chi va controcorrente. Come quel barista di Millesimo, nel Savonese, che ha promesso il caffè a 70 centesimi per chi si porta da casa tazzina, cucchiaino e zucchero. E allora uno al bar che ci va a fare?
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