Toghe vicine a Conte e ufficiali della Gdf. Ecco i nomi coinvolti nei verbali segreti

C'è il nome del consigliere del Csm Ardita. Lo stretto collegamento con il caso Palamara

Toghe vicine a Conte e ufficiali della Gdf. Ecco i nomi coinvolti nei verbali segreti

Sono tre i gruppi di cui parla il faccendiere Piero Amara ai pm di Milano come iscritti ad una loggia massonica chiamata «Ungheria»: magistrati romani del tribunale fallimentare, magistrati catanesi come il togato del Csm Sebastiano Ardita e alti ufficiali della Guardia di Finanza.

Da quello che trapela sulle copie degli interrogatori del 2019 fatti avere ad alcuni giornali, come la Repubblica, Il Fatto, Domani e al consigliere Nino Di Matteo che ha rivelato il fatto al plenum di Palazzo de' Marescialli, l'avvocato dell'Eni coinvolto in diversi fatti di corruzione, per ottenere vantaggi per sé collabora con gli inquirenti. E, come nella migliore tradizione dei «pentiti», potrebbe mescolare cose vere e cose false.

Il corvo che diffonde le carte secretate vuole, comunque, che siano di dominio pubblico, forse per mettere in difficoltà la procura di Milano che non avrebbe indagato come si doveva sulle rivelazioni di Amara. Questo nella primavera del 2020 spiegò il pm milanese Paolo Storari all'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Che assicura di aver informato «chi di dovere», senza che ci sia stato però un seguito, a quanto pare. Mentre risulta indagata per calunnia a Roma la sua segretaria di allora, Marcella Contrafatto, sospettata di aver spedito in giro i verbali e sospesa dal servizio al Csm. Storari, che a Milano indagava sul falso complotto Eni, fa sapere che se verrà chiamato è pronto a riferire al Csm.

La conferma che Amara abbia coinvolto dei magistrati romani viene, anche se non ufficialmente, da Perugia che ha competenza in questi casi. Il reato ipotizzato sarebbe di associazione segreta e questo conferma anche le indiscrezioni sulla loggia massonica, che per l'avvocato opererebbe per condizionare le nomine in magistratura e in altri settori.

Tra le toghe della fallimentare citate dall'avvocato una, che ora lavora per la Coldiretti, sarebbe vicina al l'ex premier Giuseppe Conte, tirato già in ballo dal Domani per i suoi incarichi per l'Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone.

Nei verbali emergerebbe lo stretto collegamento con lo scandalo Palamara. Amara è l'accusatore dell'ex presidente dell'Anm e ai pm di Milano non parlerebbe solo della loggia ma anche della storia del dossier sull'avvocato consulente dell'Eni Domenico Ielo, fratello dell'aggiunto di Roma Paolo, che Luca Lotti avrebbe chiesto al presidente di Eni, Claudio Descalzi. Il pm romano è quello che ha ottenuto il rinvio a giudizio dell'ex ministro dello Sport per l'inchiesta Consip e Amara è stato indagato per bancarotta e frode fiscale dal collega di Ielo, Stefano Fava che poi, su consiglio di Palamara, presentò un esposto al Csm per denunciare irregolarità nell'ufficio e il possibile conflitto d'interessi legato al fratello di Ielo e a quello del procuratore Giuseppe Pignatone. La storia di Fava, che si rivolse a Davigo e Ardita, oltre che a Palamara, ricorda quella di Storari oggi. Solo che nel primo caso si seguì la via istituzionale, nel secondo tutto si arenò in una stanza di Palazzo de' Marescialli.

A questo punto il Csm, che finora si è tenuto fuori da queste vicende, ne viene investito in pieno. Un consigliere, Di Matteo, che denuncia il dossieraggio del «corvo»; un altro, Ardita, accusato da Amara di essere massone e finito sui giornali; un ex consigliere, Davigo, che ha ricevuto lamentele e verbali dal pm Storari ma non gli ha consigliato di fare un esposto; la sua ex segretaria indagata e sospesa e tutto si lega al sistema Palamara. È davvero troppo per tacere ancora.

E il vicepresidente David Ermini, che tre giorni fa in plenum ha fatto cadere nel vuoto l'allarme di De Matteo, ora dice che il Csm è «obiettivo di un'opera di delegittimazione e condizionamento tesa ad alimentare, in un momento particolarmente grave per il Paese, la sfiducia dei cittadini verso la magistratura». Per L'organo di autogoverno delle toghe, afferma, «è del tutto estraneo a manovre opache e destabilizzanti» di cui parlano i giornali e i pm devono «accertare chi tenga le fila di tutta questa operazione».

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