Torna il "blocco rosso". Xi pronto a fornire armi cinesi a Putin. E gli Usa avvertono: gravi conseguenze

Hanno fatto tutto da soli. La destinazione decisa all'ultimo minuto, il Cavalieri Hilton Waldorf Astoria; i minivan dai vetri oscurati che arrivano sfalsati; le prime tre ore di colloquio blindate e una lunga pausa "di riflessione"

Torna il "blocco rosso". Xi pronto a fornire armi cinesi a Putin. E gli Usa avvertono: gravi conseguenze

Hanno fatto tutto da soli. La destinazione decisa all'ultimo minuto, il Cavalieri Hilton Waldorf Astoria; i minivan dai vetri oscurati che arrivano sfalsati; le prime tre ore di colloquio blindate e una lunga pausa «di riflessione», senza che il governo italiano conoscesse i dettagli del bilaterale Usa-Cina ma solo i contorni, per permettere alla polizia di scortare le due delegazioni. Quella cinese e quella americana, si separano di chilometri per il pranzo, prima di riannodare i fili della mattinata di colloqui sulla crisi. Uno stop and go di due ore. Segnali che il faccia a faccia di più alto livello tra americani e cinesi da quando è scoppiata la guerra, ieri al 19esimo giorno, non sta viaggiando su basi incoraggianti.

Territorio neutro, l'Italia. La Russia sul piatto, con le notizie che intanto arrivavano da Kiev: altri attacchi sui cieli ucraini, morti e feriti. Prima di tornare a sedersi insieme nel pomeriggio, all'Hilton, il punto di rottura era già emerso: e cioè che la Cina potrebbe essere aperta alla disponibilità di fornire assistenza militare alla Russia in sostegno dell'invasione dell'Ucraina. Ma è una possibilità, non una realtà. Tanto basta per mandare in tilt l'idea occidentale di una sponda cinese per far pressioni a Vladimir Putin. E alla fine di una maratona di quasi 8 ore si registra lo stallo: incontro chiuso senza conferenza stampa né comunicato congiunto.

Le sirene della polizia accompagnano fuori le delegazioni. Le indiscrezioni del Financial Times citano fonti del Pentagono e aggiungono tasselli al puzzle dell'Hilton: «Se Pechino dovesse scegliere di sostenere materialmente la Russia in questa guerra, probabilmente ci saranno conseguenze per la Cina». In serata una nota della Casa Bianca ammorbidisce i bollenti spiriti e riconduce ad aspetti più costruttivi l'incontro di Roma tra l'astro nascente dei dem americani Andrew Sullivan, fidatissimo consigliere di Joe Biden, e il capo dell'Ufficio della Commissione Affari Esteri di Pechino Yang Jiechi: «I due hanno sottolineato l'importanza di mantenere aperte le linee di comunicazione tra Stati Uniti e Cina».

Il 45enne Sullivan, già braccio destro di Hillary Clinton, è un «falco»; il più giovane consigliere per la Sicurezza nazionale della storia americana. Su di lui pesano critiche in patria per il ritiro dall'Afghanistan. Stavolta rilancia la negoziazione per evitare la terza guerra mondiale. Pone linee rosse, tra cui (sembrerebbe) le armi chimiche.

Ognuno fa la sua parte. Informazioni e controinformazioni. Mosca non avrebbe bisogno di supporto, insiste la Cina, che riparte col refrain della «operazione speciale» in Ucraina, secondo la propaganda del Cremlino. «Ma se lo chiedessero esplicitamente...», è la libera interpretazione degli insider. La Russia da sola non reggerebbe ancora molto sul campo, è l'argomento degli States: il Cremlino smentisce.

La notizia di un possibile «aiuto» militare cinese, riferita dagli Usa agli alleati, rimpolpa le presenze all'Hilton anche dal punto di vista della sicurezza. La delegazione cinese rientra dopo il primo round. Sullivan, capodelegazione, ha il mandato di Biden per discutere soluzioni alla crisi, e scongiurare un ruolo pro-Mosca. Dalla Casa Bianca filtrano indiscrezioni sulla preoccupazione per «l'allineamento» russo a Pechino. Ma la Cina non esce dalla sua equidistanza.

A Sullivan è affidato il compito di spiegare allo stratega Yang Jiechi, responsabile della politica estera del Comitato centrale comunista, che un sostegno militare a Mosca sarebbe tragico. L'informazione è stata smentita dal Dragone già nei giorni scorsi. Mosca però avrebbe chiesto aiuti sul campo. Da Washington i dossier citano (e continuano a farlo con insistenza) la possibilità che la Cina spedisca droni per permettere a Putin di attaccare obiettivi di terra; già venduti in passato a Stati del Medioriente.

Potrebbero arrivare tecnologie militari all'Armata rossa? In che termini si può concretizzare l'aiuto di Xi Jinping? Non basta il contesto neutrale, geograficamente, per trovare una quadra attorno al ruolo cinese e far desistere Putin. Né il fatto che i due protagonisti della missione a Roma si conoscano. Si erano già incontrati due volte: marzo 2021 in Alaska, ma lì volarono insulti in mondovisione. Era andata meglio lo scorso ottobre dopo sei ore di colloquio, innestando un clima più positivo e mettendo le basi per la videoconferenza tra Biden e Xi che ci fu a novembre.

Da Washington si parla di «intensa» discussione tra Sullivan e Yang, che hanno parlato pure di Corea del Nord e Taiwan. Ma l'ottimismo nella patinata atmosfera romana cala. Il Dragone torna protagonista della trattativa. Perché non c'è nessun incontro Putin-Biden in prospettiva, filtra da Washington. Gli sherpa americani stanno invece lavorando alla missione del presidente Usa in Europa. Tappa N.1, Bruxelles, al quartiere generale della Nato. E oggi Sullivan vedrà Luigi Mattiolo, consigliere diplomatico del premier Mario Draghi.

Via Twitter, «Potus» mette nero su bianco che

l'America ha stanziato più di 1,2 miliardi per la sicurezza dell'Ucraina. E aggiunge: «Stiamo continuando la stretta collaborazione con alleati e partner per assicurarci che il popolo ucraino possa difendere la nazione».

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