La trappola dell'opposizione sul Piano

Trovato il pretesto per il primo attacco alla Meloni: "Impreparata"

La trappola dell'opposizione sul Piano

Imputare a Giorgia Meloni e all'imminente governo di centrodestra i ritardi relativi all'attuazione del Pnrr: l'opposizione ha rivelato la sua prima mossa. Chiamarla «strategia» sarebbe eccessivo: difetta almeno di aderenza alla realtà. Anzitutto lo scontro tra Mario Draghi e il presidente di Fdi non esiste. La Meloni al massimo ribadisce, come ha fatto ieri recandosi alla Camera dei deputati, che «dobbiamo fare ancora meglio». Ma la minoranza parlamentare necessita di trovare qualcosa, uno strumento che possa minare il percorso dell'esecutivo sin dal principio. Ecco allora che il Pnrr, tema di unità nazionale per antonomasia, diviene buono come pungolo di propaganda di parte.

Poi, tra quelli che saranno i banchi della minoranza, è già percepita l'esigenza di costruire una narrativa, magari con l'ausilio di certa stampa amica: separare il più possibile il governo dimissionario da quello che verrà, per provare a inclinare il piano della transizione. «Pronti? Mica tanto. Le parole di Giorgia Meloni sulla necessità di trovare fuori dal novero degli eletti della destra competenze necessarie a ricoprire le cariche ministeriali sono l'ammissione di impreparazione della classe dirigente», esordisce il segretario di +Europa Benedetto Della Vedova. Come se i governi di centrosinistra non si fossero mai avvalsi di tecnici per guidare alcuni dicasteri. Dopo la batosta delle elezioni, la speranza dei vinti risiede in una trappola improvvisa. «E il tentativo di mettere le mani avanti sul Pnrr, attaccando strumentalmente il governo Draghi, sono un ulteriore segno di nervosismo», sentenzia il delfino di Emma Bonino. Quasi fossero toni di chi sa di poter confidare soltanto in variabili indipendenti.

L'ex premier Lamberto Dini ha un'altra visione: «Giorgia Meloni - ricorda, guardando alla complessità di questi tempi - sta ereditando la più difficile situazione economico-sociale degli ultimi decenni. Il prezzo esorbitante dell'energia sta mettendo in ginocchio imprese e famiglie, con il rischio di tensioni sociali inevitabili e di recessione economica». Anche sull'ipotesi che alcuni ministri siano tecnici, Dini opta per il pragmatismo: «La situazione lo esige, anche per rassicurare i nostri partner europei e i mercati. La presidente di Fdi non ha avuto finora rilevanti incarichi di governo e mi pare giusto e saggio, da parte sua, che pensi di poter contare su alcune personalità, fuori da Parlamento, di riconosciuta statura internazionale e competenza, per qualche ministero chiave».

Chi punta forte sull'inciampo sul Pnrr è il leader del Terzo Polo Carlo Calenda: «I ritardi sul Pnrr? Ha ragione Draghi. C'è un dato oggettivo: se fossimo in ritardo, l'Europa non ci pagherebbe le tranche. Come ogni governo che arriva, si mettono le mani avanti. Meloni dovrebbe piuttosto concentrarsi su come implementare», dichiara l'ex candidato sindaco di Roma a SkyTg24. Sulla scia, il vertice d'Italia viva ed ex presidente del Consiglio Matteo Renzi: «Meloni si lamenta dei ritardi sul Pnrr, assurdo. Cara Giorgia, basta alibi.

Non perder tempo: avuto l'incarico fai il governo in 24h anziché discutere con Salvini del totoministri e vai tu a Bruxelles al Consiglio UE il 20/10. Hai fatto cadere Draghi, ora governa tu. Se ti riesce», fa presente via Twitter. Burocrazia e ritardi sono ostacoli conclamati, alcuni però li tifano volentieri, magari puntando all'intoppo.

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