Tre emendamenti leghisti: un caso la legge di bilancio

Tre emendamenti della Lega alla manovra rompono un patto siglato all'interno della maggioranza di governo

Tre emendamenti leghisti: un caso la legge di bilancio
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Tre emendamenti della Lega alla manovra rompono un patto siglato all'interno della maggioranza di governo. La strategia delle formazioni che sostengono l'esecutivo Meloni era quella di non emendare la legge di Bilancio, considerati anche gli ovvi tentativi ostruzionistici che sarebbero stati mossi dall'opposizione. Fdi, il partito di Matteo Salvini, Forza Italia e gli altri attori del centrodestra avevano così optato per un maxi-emendamento. Ma i leghisti hanno scelto un'altra strada, un po' inaspettata, puntando su tre focus: giustizia, frontalieri ed enti locali. Si può sottolineare come tutti e tre i testi della Lega non comportino alcuna variazione di spesa. É proprio questo elemento, però, che può suggerire la natura politica della mossa. Messa in questi termini, infatti, sembra che il Carroccio voglia vagliare la fiducia del resto della coalizione su se stessa. In termini pratici, la domanda posta sarebbe: quanto Fdi e Fi credono nella Lega?

Il clima in Aula sarà quello atteso. E il centrosinistra sta cercando a tutti i costi di pescare la carta del caos. Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Azione, Iv, Sinistra italiana, Verdi e gli altri gruppi che siedono tra gli scranni minoranza hanno presentato 2600 emendamenti. É il consueto fuoco di fila che punta a rallentare i lavori. Tutti i testi, in ogni caso, saranno votati nella prima settimana di dicembre. Il leader grillino Giuseppe Conte sta tentando, almeno a livello mediatico, a far passare una sorta di contromanovra: «Dimostreremo che non è vero quello che dice la premier Meloni, che la coperta è corta. Se la sai usare, la coperta è sufficiente, genereremo risorse», ha affermato l'ex premier. Che Conte abbia imparato poco dall'esperienza del Superbonus è un fatto conclamato. Insomma, lo scontro resta tra centrodestra e centrosinistra.

Il senatore grillino Mario Turco ha utilizzato toni drammatici per tutta la giornata di ieri, segno di come il M5S tenti, come di consueto, di soffiare sullo scontro sociale. «Con questa legge di Bilancio il governo Meloni sta trascinando l'Italia verso un futuro a crescita zero, con inflazione ancora alta, lavoro povero, salari bassi, trend negativo della produzione industriale, povertà e tagli alla pubblica amministrazione, partendo dalla sanità», è arrivato a dichiarare il parlamentare.

Anche il Pd di Elly Schlein insiste su tonalità novecentesche, battagliando soprattutto per il salario minimo. Ma questa è la dialettica politica cui siamo stati abituati in queste settimane. Tra i palazzi romani e non solo, invece, in pochissimi avrebbero scommesso sulla mossa leghista.

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