La situazione è grave ma non è seria, secondo la perfetta fotografia dell'Italia scattata da Ennio Flaiano. Al terzo commissario per la Sanità calabrese che in una settimana getta la spugna, poche ore dopo dalla nomina, riuscire a trattenere le risate è pressoché impossibile.
L'effetto pochade è irresistibile, aiutato anche dalle caratteristiche dei vivaci protagonisti che entrano e escono a gran velocità: il generale (sponsorizzato dai grillini, e chi se no) che denuncia di essere stato drogato da entità misteriose per sparare scemenze in tv, il manager (sponsorizzato da Leu) che discetta di lingua in bocca per trasmettere virus, il magnifico rettore che presiede con tanto di paletta il concorso per scosciate Miss Università (e, come vedremo, non solo quel concorso). Sullo sfondo, come l'ombra di Banquo nel Macbeth, il profilo severo di Gino Strada, che emette a raffica comunicati per spiegare che lui a fare il numero due non ci sta. Tanto più in assenza di numeri uno.
La giostra della sanità calabrese riparte da capo, ma il governo ne esce assai malridotto. Tanto più che, stavolta, il premier Conte non può scaricare la colpa su nessuno: la nomina di Eugenio Gaudio è tutta farina del suo sacco. Lo sottolineavano ieri, con malcelata irritazione, sia dal ministero della Salute che da quello dell'Economia, cui formalmente spetta la nomina di concerto, subito dopo l'esplosione della bomba. Con la notizia della rinuncia «per ragioni personali» di Gaudio, a poche ore dall'investitura. «Una scelta personale di Conte», si teneva a sottolineare. Mentre nelle chat dei parlamentari dem, maliziosamente, si ricordava come proprio Gaudio fosse il rettore dell'Università della Sapienza quando, nel 2018, Conte - già in carica come presidente del Consiglio - presentò domanda di partecipazione al concorso appositamente indetto alla Sapienza («concorso ad personam», lo definirono i maliziosi) per un posto da ordinario di Diritto privato. In pratica, si trattava di selezionare l'erede della cattedra di Guido Alpa, di cui «Giuseppi» era discepolo prediletto.
La cosa sarebbe passata sotto silenzio se non fosse stato per lo scoop di Politico.eu, che svelò l'altarino, costringendo Conte, per evidenti ragioni di buon costume, a battere in ritirata e rinunciare a partecipare al concorso bandito dall'università guidata da Gaudio. Ora il premier si ritrova con un gigantesco pasticcio, alimentato anche dall'impreparazione e goffaggine del suo staff: non solo Palazzo Chigi aveva dato per fatto il tandem Gaudio-Strada, prendendosi a stretto giro di posta il «vaffa» del medesimo Strada. Ma aveva dato per certa anche l'accettazione di Gaudio, che invece - secondo il fratello - «si era riservato di decidere». I titoli dei giornali di ieri, con la notizia che il rettore era «indagato» per un'inchiesta catanese sui concorsi universitari (non quelli riservati ai premier) hanno contribuito a gettare nel panico Palazzo Chigi e a far rialzare la testa ai grillini. I quali, per rifarsi una verginità dopo la figuraccia sul loro beneamato Cotticelli, ora ingiungono a Conte di nominare seduta stante Strada.
Candidatura che però non solo trova la netta opposizione del governo di centrodestra della Calabria («Dovranno passare sul mio cadavere, la Calabria non è l'Afghanistan», proclama il presidente facente funzioni Spirlì), ma suscita perplessità nello stesso protagonista: un conto è suturare ferite da mine anti-uomo e montare ospedali da campo nel deserto, un altro mettere le mani nel caos dell'amministrazione sanitaria calabrese e tentare di far tornare i conti. Del resto, ammettono nel governo, a questo punto «solo un matto» accetterebbe la candidatura.
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