La tregua armata nel Pd: lo scontro tra le correnti è soltanto rimandato...

Enrico Letta non ha spento le velleità dei renziani, pronti a tornare alla carica per importare le liste elettorali: la rivalità tra correnti nel Pd è più viva che mai

La tregua armata nel Pd: lo scontro tra le correnti è soltanto rimandato...

Chi si dovesse essere illuso sulla tregua delle correnti all'interno del Partito democratico dovrà ricredersi. La pace è solo apparente e lo scontro solo rimandato. L'arrivo di Enrico Letta al posto di Nicola Zingaretti ha sancito una tregua armata all'interno del Nazareno, durante la quale ognuna delle fazioni tiene alta l'attenzione sull'altra. "Ho chiesto a Irene Tinagli e a Peppe Provenzano di affiancarmi come vicesegretari del Pd", ha dichiarato nelle scorse ore Enrico Letta su Twitter, annunciando di aver scelto chi lo affiancherà nel prossimo futuro.

Il nuovo segretario del Partito democratico si è eretto a nuovo re Salomone dei dem, scegliendo un vicesegretario filorenziano e un altro antagonista, ma questo non basterà a placare le acque al Nazareno, come spiega bene anche Marco Antonellis su Italia Oggi. Lo scontro finale è solamente rimandato e si attendono momenti migliori per arrivare alla battaglia in campo aperto. Sono pochi, o forse non c'è nessuno, a credere che con l'arrivo di Enrico Letta la corrente renziana si sia placata, "tanto più se il nipote di Gianni (il grande architetto del governo Draghi) dovesse salire al Colle". Una considerazione, quella di Marco Antonellis, che è qualcosa in più di una semplice ipotesi. Pare che Enrico Letta non ne abbia fatto mistero con i suoi collaboratori e amici più stretti, tanto che la candidatura al Colle da parte del Partito democratico potrebbe essere stato uno dei plus che l'hanno convinto a lasciare la tranquillità di Parigi per entrare nella trincea del Pd.

La strada di Enrico Letta non è però lastricata d'oro, ancor meno lo è quella per la salita al Quirinale. Antonellis rivela che Nicola Zingaretti, benché abbia lasciato le redini del Partito democratico, non sarebbe di certo intenzionato a lasciare campo libero ai renziani. L'ex segretario non arretrerà di un millimetro dalle sue posizioni e continuerà a mantenere il controllo della situazione dall'interno per ostacolare l'ampliamento di potere della corrente a lui avversa. L'obiettivo, nemmeno troppo celato, dei renziani è quello di mettere le mani sulle liste elettorali del Partito democratico delle prossime elezioni politiche.

Base riformista ha una compagine molto importante, soprattutto in Senato, dove come capogruppo del Pd c'è Andrea Marcucci. Un nome che a molti potrebbe non dire molto ma che in realtà è un uomo chiave per gli equilibri dem. È uno dei più cari amici, se non il più caro, che Matteo Renzi ha nel mondo politico. Prima dell'arrivo di Letta ha caldeggiato Stefano Boniccini ma ha comunque votato per il parigino perché, come ha spiegato al Corriere della sera, "Letta mi sembra convincente, certi suoi spunti sono interessanti. L'ho invitato a Palazzo Madama per parlarne, per approfondire". A chi pensa che avrebbe dovuto rassegnare le sue dimissioni dopo il cambio della guardia al Nazareno, Marcucci risponde sicuro: "I regolamenti sono chiari: il capogruppo lo eleggono i senatori. Perciò io potrei lasciare il mio posto solo in due casi: se nel corso dell'assemblea la maggior parte dei miei colleghi dovesse farmi intuire questa necessità. O se, direttamente, me lo chiedesse il segretario. In caso contrario, resto al mio posto".

Ora, per conquistare le liste elettorali, i renziani hanno bisogno di un segretario di assoluta fiducia che sarebbe potuto essere, appunto, Stefano Bonaccini e che, come spiega Marco Antonellis, difficilmente sarà Enrico Letta.

Nicola Zingaretti ora lavorerà da guardiano dietro le quinte del direttivo del Partito democratico, tenendo sotto controllo i movimenti da una posizione più privilegiata di quella da segretario. Le parole pronunciate poco dopo le dimissioni hanno un solo significato ed è rivolto ai renziani: vi controllo.

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