Ong al contrattacco con il Tribunale di Catania che «condanna» il Viminale e tre ammiraglie schierate al largo della Libia che ricominciano ad imbarcare migranti da portare in Italia. Non solo: grazie all'arma legale i talebani dell'accoglienza chiedono al Parlamento di affossare il decreto Ong. E il governo impone la fiducia sulla norma che prova ad arginare gli sbarchi delle Organizzazioni non governative.
«Se non fosse cessata la materia del contendere, per l'avvenuto sbarco, il ricorso sarebbe stato accolto con conseguente condanna dei ministeri», sentenzia il Tribunale civile di Catania, sezione immigrazione, che allarga le braccia alle Ong. Il casus belli era lo sbarco «selettivo» dello scorso novembre, quando il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, aveva cercato di fermare la Humanity 1 che aveva raccolto in mare 179 migranti. Trentacinque adulti, che nella stragrande maggiorana non scappavano da paesi in guerra, erano stati considerati sani e in grado di tornare a casa.
Per qualche giorno sono rimasti a bordo, poi la linea del Piave del Viminale è stata travolta e sono scesi a terra. L'agguerrita costola legale delle Ong ha presentato ricorso a nome dei 35 inizialmente esclusi trovando terreno fertile nell'opinione del presidente del Tribunale, Marisa Acagnino. In un passaggio della sentenza il magistrato sostiene che il decreto del Viminale era «illegittimo» perché «consente il salvataggio solo a chi sia in precarie condizioni di salute, contravvenendo al contenuto degli obblighi internazionali. Fra gli obblighi internazionali, assunti dal nostro Paese, vi è quello di fornire assistenza ad ogni naufrago, senza possibilità di distinguere - spiega la sentenza - in base alle condizioni di salute».
Il ricorso ha aperto un varco per insidiare pure il nuovo decreto che sta mettendo in difficoltà le Ong assegnando porti di sbarco lontani. «In presenza di domanda di protezione internazionale - sottolinea il giudice - sorge l'obbligo dello Stato Italiano a registrare tale domanda, consentendo la regolarizzazione, seppure temporanea della permanenza del migrante nel territorio dello Stato». Il nuovo decreto investe le Ong della responsabilità per le richieste di protezione a bordo con l'obiettivo di accollare allo stato di bandiera della nave l'onere dell'accoglienza.
Mirka Schaefer, legale di Sos Humanity, coglie la «vittoria» di Catania invitando smaccatamente «i parlamentari italiani a votare contro questo decreto illegittimo e di impedirne la conversione in legge».
Il governo, non a caso, ha posto la fiducia sul voto alla Camera previsto oggi. Dalle aule del Tribunale al mare il passo è breve: tre ammiraglie delle Ong, nave Geo Barents di Medici senza frontiere, Ocean Viking di Sos Mediterranee e Life support di Emergency sono piazzate davanti alla Libia a circa trenta miglia dalla costa. Ieri Geo Barents ha annunciato di avere intercettato il primo barchino in legno con 48 persone a bordo (9 i minori).
La nave aveva sbarcato il 29 gennaio a La Spezia 237 migranti e non è stata sanzionata per i soccorsi multipli. Ieri, come capita spesso, è intervenuta senza alcuna autorizzazione, e il comandante detta le condizioni. «Richiedo un luogo sicuro per sbarcare i sopravvissuti () con la minima deviazione possibile rispetto al nostro itinerario», scrive al Centro di soccorso a Roma.
In pratica mette le mani avanti rifiutandosi di tornare fino ad un porto del nord. Msf vuole sbarcare il carico umano nel porto più vicino, in Sicilia, per tornare al più presto a raccogliere altri migranti.
Ovviamente neppure fa mostra di pensare alla Tunisia, confinante
con la Libia. Dal primo gennaio fra sbarchi autonomi, interventi della Guardia Costiera e Ong sono già arrivate in Italia 6.460 persone. Secondo Frontex l'aumento lungo la rotta del Mediterraneo centrale è già pari al 49%.
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