E adesso nel giallo del Pio Albergo Trivulzio salta fuori una nuova pista: quella secondo cui alle decine e decine di decessi comunicati improvvisamente ai familiari di anziani ospiti, dopo giorni in cui erano stati lasciati senza notizie, ne andrebbero aggiunti altri. Alcune morti, nel marasma più totale in cui il più famoso ospizio milanese è precipitato sotto l'emergenza Covid-19, sarebbero state taciute per giorni ai parenti, che solo dopo insistenze e che con comprensibile incredulità hanno saputo che il loro caro era scomparso.
Non saranno facili, i primi passi dell'inchiesta giudiziaria sul Pat che oggi entra nel vivo, con gli interrogatori - rigorosamente in videoconferenza - dei primi testimoni. Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano scontano grandi difficoltà tecniche, le comunicazioni avvengono solo per telefono o per mail, il materiale acquisito spesso è così pesante da venire rimbalzato dai server. E tutto questo mentre ci si muove in un contesto come quello del Trivulzio dove il caos è tale per cui individuare i dettagli dei reati è faticoso. Sia quando si cerca di ricostruire il percorso clinico di ognuno dei 190 ospiti deceduti dall'inizio di marzo. Sia nella analisi - che è in questo momento il terreno più delicato - dei provvedimenti di smistamento al Pat e in altre strutture di pazienti Covid e ex Covid, in applicazione della delibera regionale dell'8 marzo. A chi spettasse controllare il rispetto delle norme di sicurezza nelle Rsa che accoglievano i malati è ancora oscuro, anche se la Regione ha chiamato in causa l'Ats, l'azienda sanitaria territoriale. Anche per vedere più chiaro su questo versante, la Procura è tornata nei giorni scorsi a spedire la Guardia di finanze negli uffici dell'assessorato regionale al Welfare, già oggetto di una prima visita mercoledì scorso.
Districarsi per gli inquirenti non sarà facile. Come non sarà districarsi tra la massa di esposti che in questi giorni stanno piovendo sul tavolo dei pm. Dentro c'è di tutto, storie di morti inspiegabili ma anche racconti di pazienti che sono tuttora in vita, non hanno elementi per sostenere di essere affetti da coronavirus ma che comunque denunciano di essere stati lasciati privi di comunicazioni chiare.
La scelta dei primi testimoni da interrogare stamattina farà capire quale scaletta di priorità si sono dati gli inquirenti. Certamente, la scelta di contestare ai vertici del Pat e delle altre case di riposo sotto inchiesta il pesante reato di epidemia colposa fa capire che la Procura è destinata a muoversi con determinazione.
Ma tra i familiari di alcune vittime c'è chi ritiene che l'accusa non sia sufficientemente pesante, e che soprattutto per le omissioni dalla fine di marzo andrebbe contestata l'epidemia volontaria, un reato da ergastolo: che già in passato era stato attribuito agli imputati nel processo per il plasma infetto. Alla fine vennero tutti assolti.
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