Donald Trump non perde tempo, e non appena incassata la nomination del partito repubblicano torna ai comizi con il neo vice JD Vance. Il primo appuntamento del ticket è per oggi a Grand Rapids, in Michigan, a una settimana esatta dall'attentato, segnale dell'importanza dello stato del Midwest nella corsa alla Casa Bianca. Nella serata finale della Convention di Milwaukee, invece, l'ex presidente tenta una parziale trasformazione e si presenta come una figura unificante, promettendo di colmare le divisioni politiche.
«Mi candido per diventare presidente di tutta l'America, non di metà dell'America, perché non c'è vittoria nel vincere per metà del Paese», afferma nel lunghissimo discorso (oltre 90 minuti), la cui prima parte è dedicata al racconto del tentato assassinio in Pennsylvania. «La discordia e la divisione nella nostra società devono essere sanate, rapidamente - prosegue -. Come americani, siamo legati insieme da un unico destino. Ci rialziamo insieme, o cadiamo». «Sarà una vittoria incredibile», promette alla una folla in delirio, con alle spalle tutta la famiglia riunita, compresa l'ex first lady Melania (che però ha rifiutato di parlare), e Ivanka, in una delle loro rare apparizioni elettorali. Trump ricorda nei dettagli l'attentato subito, è convinto di essere sopravvissuto perché «avevo Dio dalla mia parte», poi chiede un minuto di silenzio per Corey Comperatore, il vigile del fuoco rimasto ucciso nell'attentato, baciando il suo elmetto e mostrando la sua giacca da pompiere. «I proiettili volavano sopra di noi, eppure mi sentivo sereno. Sono davanti a voi in quest'arena solo per la grazia di Dio onnipotente», prosegue.
L'appello all'unità del tycoon viene tuttavia incrinato dalle accuse all'amministrazione di Joe Biden (il presidente lo nomina solo una volta) e ai democratici: pur mantenendo un tono pacato, decisamente più presidenziale del solito, con ripetuti accenni alla fede, non riesce a rinunciare a qualche attacco. Parla dell'America come una nazione in declino, e spiega: «Non dobbiamo criminalizzare il dissenso o demonizzare il disaccordo politico. Il partito democratico dovrebbe immediatamente smettere di utilizzare il sistema giudiziario come un'arma ed etichettare il proprio avversario politico come nemico della democrazia, soprattutto perché non è vero. In effetti, sono io a salvare la democrazia per il popolo del nostro Paese». Quindi rincara la dose: «Dobbiamo salvare il Paese da una leadership totalmente fallimentare e incompetente. Abbiamo un'inflazione che sta rendendo la vita insostenibile alle famiglie come mai prima». Sull'immigrazione, The Donald rilancia il pugno duro, ossia «la più grande deportazione di massa contro migranti che sottraggono il lavoro agli americani», e sostiene che è in corso «la maggiore invasione della storia», tornando a paragonare i clandestini ad Hannibal Lecter, il serial killer immaginario e cannibale de Il silenzio degli innocenti.
Parole a cui il collega messicano uscente Andrés Manuel López Obrador risponde: «Non lo stanno informando bene sull'argomento». «L'integrazione economica ci aiuta, chiudendo le frontiere non si risolverebbe nulla - precisa -. Chi dice che le automobili si possono costruire negli Stati Uniti non tiene conto che in media ogni vettura venduta costerebbe ai clienti finali tra i 15 e i 20mila dollari in più». Sul fronte internazionale, invece, Trump si impegna a riportare «rapidamente» la pace nel mondo, dall'Ucraina a Gaza: «metteremo fine ad ogni singola crisi internazionale che è stata creata dall'amministrazione in carica, inclusa l'orribile guerra tra Russia e Ucraina. Con me non sarebbe mai successo», assicura l'ex presidente, che ieri ha sentito il leader ucraino Volodymyr Zelensky per la prima volta da quando ha lasciato lo Studio Ovale.
Trump può contare su un vantaggio in crescita nei sondaggi (nel dopo attentato è a +5 punti a livello nazionale e +3 nei principali stati chiave). Il successo finale, tuttavia, dipenderà dalla sua capacità, nelle ultime 15 settimane di campagna elettorale, di contenere le tendenze autodistruttive, la predilezione per la vendetta e le politiche di estrema destra.
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