Trump-McConnell, resa dei conti nel partito E ora anche Pompeo pensa di candidarsi

Alta tensione nei repubblicani. Il tycoon contro il leader in Senato: "Deve andarsene". E anche l'ex segretario di Stato tenta lo sgambetto

Trump-McConnell, resa dei conti nel partito E ora anche Pompeo pensa di candidarsi

Washington. Senza attendere l'esito delle elezioni di midterm di novembre (e nemmeno quello delle tante grane giudiziarie di Donald Trump), nel Partito repubblicano si è già aperta la resa dei conti. Ad accelerare gli eventi è proprio l'ex presidente, che dopo essersi (temporaneamente) sbarazzato di Liz Cheney, sconfitta pesantemente nelle primarie in Wyoming da una candidata trumpiana, si è scagliato contro Mitch McConnell, una delle residue voci critiche all'interno del partito. Trump ha lanciato un appello ai repubblicani, chiedendo di cacciare «immediatamente» McConnell dal suo ruolo di leader della minoranza repubblicana al Senato. L'accusa è di essere una «pedina dei democratici», che nelle ultime settimane hanno incassato una serie di importanti successi legislativi al Congresso, che hanno permesso all'Amministrazione Biden di recuperare consensi in vista del fondamentale test elettorale di novembre. Poco importa che McConnell abbia mantenuto compatta al Senato l'opposizione repubblicana alle leggi di spesa proposte da Biden, approvate solo in extremis. La vera «colpa» di McConnell è di avere espresso dubbi sulle «qualità» dei candidati repubblicani al Senato sostenuti da Trump. Per rafforzare il suo affondo, Trump ha anche chiamato in causa la moglie di McConnell, Elaine Chao, ex ministra dei Trasporti della sua Amministrazione, che si dimise il giorno dopo l'assalto a Capitol Hill, accusata di presunti legami illeciti con la Cina. Nulla di concreto, ma agli occhi dell'elettore trumpiano l'accusa fa effetto.

Non è la prima volta che Trump si scaglia contro la «vecchia cornacchia» McConnell, che tra i suoi «peccati», agli occhi dell'ex presidente, ha anche quello di avere condannato il comportamento di Trump in occasione della tentata insurrezione del 6 gennaio 2021, pur senza compiere il gesto conseguente di votarne l'impeachment. Ma stavolta, la tempistica dell'offensiva, a poco più di due mesi dalle elezioni di midterm, lascia intendere che si tratti di qualcosa di più della semplice sfuriata di Trump a mezzo social. L'ex presidente, prima nelle primarie e ora con quest'ultima manovra, punta a rafforzare la sua presa sul partito e a sgomberare il campo da qualsiasi ostacolo verso la nomination repubblicana per il 2024. E McConnell è tra quanti, dietro le quinte, lavorano per indebolire e, se mai possibile, fermare la rincorsa di Trump.

La battaglia per la nomination del Gop si giocherà a destra. L'unico candidato che può veramente impensierire Trump è il governatore della Florida, Ron DeSantis, che a novembre si gioca la rielezione contro il democratico Charlie Crist, ex governatore repubblicano passato ai democratici. In discussione non è tanto l'esito finale del voto, quanto la percentuale con la quale DeSantis otterrà la riconferma. Più bassa sarà, meglio sarà per Trump.

Ma ora è comparso un altro possibile ostacolo per Trump. L'ex segretario di Stato Mike Pompeo, un tempo fedelissimo dell'ex presidente, è uscito allo scoperto.

«Se prenderò la decisione lo farò a prescindere da chi prenderà parte alla corsa». Secondo indiscrezioni, un paio di settimane fa Pompeo ha testimoniato a porte chiuse davanti alla Commissione della Camera che indaga sul 6 gennaio e sul ruolo di Trump. La sfida è lanciata.

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