Donald Trump prosegue sul binario dell'immigrazione selettiva e lavora ad un provvedimento che mira a ridurre l'ingresso o ad agevolare l'uscita di quegli stranieri che potrebbero pesare sul welfare in maniera particolarmente pronunciata. La nuova amministrazione starebbe infatti considerando altri due ordini esecutivi, di cui il Washington Post ha ottenuto le bozze: il primo è appunto per eliminare gli aspiranti immigrati che presumibilmente chiederebbero l'assistenza pubblica e di allontanare, quando possibile, quelli che già vivono negli Stati Uniti e dipendono da aiuti a carico dei contribuenti. Ad esempio persone che hanno ricevuto un certo numero di buoni pasto, aiuti temporanei per famiglie bisognose o prestazioni attraverso il Medicaid (il programma che si occupa di fornire assistenza sanitaria ad adulti e bambini in nuclei a basso reddito). Un secondo piano, invece, punta ad una ristrutturazione radicale del sistema attraverso cui gli Usa gestiscono i visti per gli stranieri, con l'obiettivo di rafforzare i controlli su chi entra nel Paese e su chi può fare parte della forza lavoro, riducendo gli oneri sociali a carico dei cittadini americani.
Non è chiaro se o quando Trump potrebbe firmare questi provvedimenti, ma se verranno approvati limiteranno in modo significativo immigrazione e viaggi verso gli Stati Uniti, ampliando la stretta già effettuata con il bando temporaneo a rifugiati e persone provenienti da sette paesi a maggioranza islamica. Mentre la mossa della settimana scorsa è focalizzata sulla sicurezza nazionale e sulla prevenzione del terrorismo, i nuovi piani portano avanti la promessa del tycoon di proteggere i lavoratori americani e creare posti di lavoro, riducendo il flusso di stranieri che cercano un impiego negli Stati Uniti. Peraltro, già nel 1996, l'allora presidente democratico Bill Clinton aveva firmato una legge, conosciuta come «riforma del welfare», che limitava fortemente tutti gli accessi degli immigrati all'assistenza pubblica. La norma stabiliva che ai clandestini era precluso quasi del tutto il programma federale per i poveri, mentre gli immigrati regolari dovevano vivere negli Usa per almeno cinque anni prima di poter far ricorso a numerose forme di prestazioni sociali, e garantiva raramente l'accesso alla previdenza sociale.
L'amministrazione Trump, da parte sua, ha già accusato gli stranieri che ricevono prestazioni sociali da Washington di bruciare risorse federali, affermando inoltre che chi lavora nel Paese contribuisce alla disoccupazione tra i cittadini americani. «I nuclei con un capofamiglia straniero hanno molte più probabilità di utilizzare risorse pubbliche», si afferma in uno dei due decreti, che si occupa proprio di «protezione delle risorse dei contribuenti». Mentre il secondo valuta come rendere il programma immigrati «più basato sul merito», oltre a combattere il fenomeno del «turismo delle nascite», ossia degli stranieri che arrivano negli Usa appositamente per far nascere un figlio, che diventa così automaticamente cittadino.
Intanto, da un sondaggio di Reuters/Ipsos emerge che la stretta sull'immigrazione di Trump piace ad un americano su due: il 49% degli intervistati è d'accordo con il bando temporaneo del presidente, mentre il 41% è contrario. Inoltre, il 31% pensa che ora sarà «più sicuro», mentre il 33% ritiene che non ci sarà alcuna differenza.
E secondo il New York Times sono molte di più di quanto inizialmente affermato le persone bloccate negli aeroporti dall'ordine esecutivo di The Donald: la Casa Bianca aveva parlato di 109 soggetti arrestati o fermati mentre il quotidiano, facendo riferimento ai dati diffusi da funzionari del Dipartimento per la sicurezza interna, parla di 721 individui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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