Tutte le ragioni per votare No

I falsi risparmi anti casta, la sovranità popolare diminuita, lo squilibrio tra poetri, il Senato confuso e l'addio al federalismo. Ecco perché bocciare la riforma imposta dal premier non eletto alle Camere più deboli di sempre

Tutte le ragioni per votare No

Sulle ragioni del No si sono esercitati alcuni tra i maggiori costituzionalisti del nostro Paese. Ecco un sunto delle loro posizioni.

1) RIFORMA A MAGGIORANZA DA UN PARLAMENTO DUBBIO

I Costituenti hanno previsto per le leggi costituzionali una maggioranza qualificata, per evitare modifiche della Carta non sufficientemente condivise e per evitare che siano fatte da maggioranze improvvisate. La riforma Renzi-Boschi non solo è stata approvata da un Parlamento delegittimato dalla sentenza della Consulta, ma soprattutto è stata imposta da un premier non legittimato dagli elettori e votata da una maggioranza costituita da un numero decisivo di deputati e senatori eletti in liste politicamente contrapposte al Pd.

2) IL BICAMERALISMO CAMBIA DA PERFETTO A CONFUSO

Tutti i Paesi del G8 sono bicamerali: Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Russia e Stati Uniti. E nel G20 15 Paesi sono bicamerali. Sono monocamerali, per esempio, Arabia Saudita, Cina, Corea, Indonesia e Turchia, non proprio modelli di democrazia. Lo sono anche i Paesi scandinavi, ma bisogna considerare scarsa popolazione, forte omogeneità sociale e politica. La riforma Boschi in realtà non supera il bicameralismo perfetto, se non per l'aspetto della fiducia, ma lo rende più confuso, perché i ruoli sono poco chiari. Secondo il professor Enzo Cheli la «non chiara definizione dei rapporti fra le due Camere e tra lo Stato e le regioni» rischia di generare una forte conflittualità destinata a compromettere l'operatività del nuovo modello.

3) MACCHÉ LEGGI VELOCI RESTA LA SECONDA LETTURA

Stante il fatto che la velocità di approvazione delle leggi non è il vero problema, mentre lo è la qualità di come vengono scritte, la riforma non evita nemmeno la seconda lettura delle leggi che potrà essere richiesta da appena un terzo dei senatori. E non si tratterà di un'eccezione perché Camera e Senato saranno composti da maggioranze assai diverse: il Senato da consiglieri regionali e sindaci eletti con tempi, leggi e contingenze politiche diversi da quelli per l'elezione dei deputati. Il Senato dovrà approvare anche le leggi di ratifica dei trattati negoziati nel quadro Ue, pari al 36 per cento di tutte le leggi.

4) QUEI TAGLI BLUFF SUI COSTI DELLA POLITICA

I membri del Senato verranno ridotti, ma stando alla Ragioneria dello Stato il risparmio atteso è di circa 50 milioni l'anno, pari al costo del caffè per ogni italiano. Non vengono tagliati invece i deputati e resta intatta la struttura del Senato e il suo vero costo che è dato dal personale e dai servizi. Su 540 milioni di euro complessivi, il costo dei senatori è di appena 79 milioni di euro di cui solo 42 milioni di indennità e 37 milioni di diaria e rimborsi spese (dati 2015), di cui la riforma non tratta, vengono cancellati solo «i rimborsi in favore dei gruppi politici presenti nei consigli regionali», non quelli ai senatori. Ai 5 senatori di nomina presidenziale vengono mantenute tutte le indennità e i privilegi.

5) UNA RIFORMA PASTICCIO SCRITTA IN MODO OSCURO

Il testo su cui voteremo il 4 dicembre è scritto in gran parte in modo da essere poco comprensibile. Molti passaggi sono di equivoca interpretazione, con incongruenze non solo lessicali e autentiche perle di cattiva legislazione, ma anche contraddizioni grossolane. Per fare un esempio, l'attuale art. 70 è composto da 9 parole, il nuovo testo dell'articolo 70 da ben 451.

6) L'ITER NON ACCELERA MA SI MOLTIPLICA

Il nuovo procedimento legislativo, rispetto alle quattro variabili attuali, moltiplica fino ad almeno dieci i possibili iter e incrementa la confusione. L'Italia ha la più abbondante produzione legislativa d'Europa: il Parlamento approva oltre tre volte le leggi di Spagna e Gran Bretagna, oltre due volte quelle dalla Francia e complessivamente più leggi della Germania e della Svezia. Con le attuali regole il decreto Svuotacarceri è stato approvato in appena 38 giorni, il decreto lavoro in 40, il decreto competitività in 44. Nella maggior parte dei casi gli intoppi sono nati alla Camera, e non al Senato.

7) LA BATTAGLIA ANTI CASTA È SOLTANTO SULLA CARTA

Non verrà mandato a casa un terzo dei politici, come dice Renzi. Proprio il premier ha fra l'altro reintrodotto con legge ordinaria ben 24.000 fra consiglieri e assessori comunali, aboliti nella precedente legislatura: ha ripristinato le giunte nei comuni fino a 5.000 abitanti; ha riallargato quelle tra i 3001 e i 5.000 abitanti; ha aumentato i consiglieri comunali nei comuni fino a 10.000 abitanti.

8) LA SOVRANITÀ POPOLARE FINISCE ESPROPRIATA

Sarà ancora meno garantita la sovranità popolare, perché la nuova legge elettorale (il famigerato Italicum) espropria la sovranità al popolo e la consegna a una minoranza parlamentare che solo grazie al premio di maggioranza si impossessa di tutti i poteri. In più il nuovo Senato non è eletto dai cittadini, ma è nominato dai consigli regionali. Eppure, mantiene compiti importanti: vota la riforma della Costituzione, approva le leggi di attuazione dei trattati e dei vincoli comunitari, elegge il Presidente della Repubblica e alcuni giudici della Corte costituzionale, concorre alla nomina dei componenti del Csm.

9) I SENATORI A VITA RESTANO E CONTANO ANCORA DI PIÙ

Con il nuovo Senato restano in carica - e con prebende immutate - i senatori a vita. Solo che ora peseranno di più, perché rappresenteranno il 5 per cento del totale e potranno condizionare ancora di più il dibattito parlamentare. Anche a regime, quando i senatori nominati per meriti non saranno più a vita, il loro peso resterà maggiore di quello attuale.

10) SARÀ SEMPRE DI PIÙ IL PARLAMENTO DEI NOMINATI

La riforma è abbinata alla nuova legge elettorale che mantiene un numero rilevante di nominati dai partiti (almeno cento deputati, ma potenzialmente potranno essere anche di più) e garantisce un notevole premio in seggi anche ad una lista che al primo turno può aver preso solo il 30 per cento (e perfino meno) dei voti e se si afferma al ballottaggio può avere ben 340 seggi, il 54 per del totale. Il combinato disposto di legge elettorale e riforma della Costituzione è devastante.

11) LA PIA ILLUSIONE DELLE LEGGI POPOLARI

La riforma che promette più spazio alla partecipazione dal basso, in realtà rende più difficile l'esercizio dell'iniziativa legislativa popolare, senza dare in cambio una prospettiva concreta per i disegni di legge popolari, perché i tempi certi di calendarizzazione sono riservati alle proposte del governo, per quelle popolari si rimanda a futuri regolamenti parlamentari.

12) ANCHE IL REFERENDUM IN MANO AI PARTITI

Non è stato eliminato il quorum per i referendum abrogativi, inserendo in compenso una timida e pasticciata previsione per i quesiti firmati da almeno 800.000 elettori, per i quali cala il quorum. Ma è una quota che, con le attuali regole di raccolta delle firme, potrà essere raggiunta solo dai partiti con una forte organizzazione sul territorio. Il referendum propositivo è solo citato nella riforma, ma in realtà è rinviato a una successiva legge costituzionale.

13) L'ABOLIZIONE DEL CNEL MA SENZA RISPARMIARE

L'abolizione del Cnel è senz'altro positiva, ma il suo costo è di circa 15 milioni di euro, di cui 1 milione e 900 mila euro di indennità per la presidenza e i 60 consiglieri, gli unici ad essere eliminati. I risparmi saranno dunque minimi perché tutte «le risorse umane e strumentali» vengono trasferite alla Corte dei Conti. Dunque, non viene licenziato nessuno e la gestione del patrimonio immobiliare viene affidata a un Commissario straordinario, che dovrà essere pagato.

14) FEDERALISMO CANCELLATO ANZICHÈ RIVISTO E CORRETTO

La riforma conserva e rafforza il potere centrale a danno delle autonomie, private di mezzi finanziari. Il governo e la sua maggioranza potrà intervenire anche nelle residue competenze delle regioni laddove lo richiedano la «tutela dell'unità giuridica ed economica della repubblica» e «l'interesse nazionale». Viene fatto a pezzi il principio fondamentale dell'autonomia scolpito nell'art. 5 della Costituzione.

15) GLI SPRECHI REGIONALI? RESTANO QUELLI SPECIALI

La grande critica al sistema delle Regioni, quella degli sprechi, non è stata affrontata. Secondo una ricerca di Unimpresa negli ultimi due anni il debito di Comuni e Regioni è calato di 15 miliardi mentre quello delle amministrazioni centrali è salito di quasi 100 miliardi, a seguito dell'aumento delle spese, cresciute del 4 per cento: il rosso degli enti locali è dunque diminuito del 14 per cento mentre il debito delle amministrazioni centrali è salito del 5 per cento. La riforma non fa differenze tra Regioni virtuose e sprecone. E aumenta lo squilibrio con le Regioni a statuto speciale che mantengono tutte le attuali prerogative e le regioni a statuto ordinario.

16) RIFORMA DALL'ALTO DETTATA A CAMERE SVUOTATE

La riforma non è il frutto della volontà autonoma del Parlamento, ma scritta sotto dettatura del governo Renzi che in questi anni ha aumentato in modo esorbitante i voti di fiducia, usati per il 34 per cento delle leggi, accentuando la tendenza degli ultimi anni. Le leggi di origine parlamentare sono appena due su dieci. Degli emendamenti presentati, quelli parlamentari hanno un tasso di approvazione che non raggiunge l'1 per cento, ben il 47 per cento, invece, quelli governativi. I decreti legge sono in media due al mese. La riforma Renzi-Boschi accentua la subordinazione del Parlamento al governo.

17) ADDIO ALL'EQUILIBRIO TRA POTERI COSTITUZIONALI

Sarà sempre più garantito l'equilibrio tra i poteri costituzionali, ma saranno consegnati gli organi di garanzia (Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale) in mano alla falsa maggioranza prodotta dal premio elettorale. E per il futuro si rischia di impedire un vero processo costituente che riveda per esempio il funzionamento del Csm, la composizione della Corte costituzionale, le modalità di applicazione di alcuni trattati Ue, che chiarifichi i rapporti fra il nostro ordinamento e quello europeo, una tutela più efficace della proprietà privata, un avanzato modello di federalismo fiscale, e un accorpamento di alcune regioni, che farebbe risparmiare miliardi di euro.

18) IL SENATORE A METÀ UN ASSURDO CENTAURO

Uno dei punti più critici della riforma del Senato è la nascita di una figura a metà tra il senatore e il consigliere regionale, con l'immunità funzionale del primo e lo stipendio del secondo. Ci sono forti dubbi sul fatto che possa ricoprire entrambi i ruoli in modo efficiente. E resta da vedere con quali modalità sarà eletto.

19) IL RISCHIO RIBASSO PER LA NOSTRA SANITÀ

Luca Antonini, professore ordinario di diritto Costituzionale all'università di Padova, ha spiegato con un intervento su Panorama come la ricentralizzazione della Sanità, decisa per riequilibrare i servizi al Sud con quelli del Nord, rischia di livellare tutto al ribasso.

Sacrificando le eccellenze.

20) IL LATO PIÙ OSCURO: LA RIFORMA AD PERSONAM

Un aspetto più politico che di merito. Ma non irrilevante: la riforma è nata non tanto per cambiare il Paese quanto per far conseguire un successo che legittimi il ruolo di Renzi, che da subito ha cercato il plebiscito.

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