«Ho dei sospetti su qualcuno, su chi ha orchestrato tutto, ma per il momento taccio, è il momento di pregare e sperare che tutto si risolva». Il cardinale Angelo Becciu si affida alla preghiera e all'affetto dei suoi più stretti amici in questo momento «di grande difficoltà» in cui, a dire di chi lo ha sentito nelle ultime ore, «spera di poter chiarire tutto col Papa, al quale rimane sempre e comunque fedele». L'accusa di peculato non è stata ancora formalizzata e comunicata dalla magistratura vaticana al porporato sardo, che dal canto suo vorrebbe parlare «il prima possibile» con i magistrati di tutto ciò che Francesco gli ha contestato nella drammatica udienza del 24 settembre scorso: «Spero che, se qualche avviso deve arrivare, arrivi presto, già in settimana, per poter dire tutto ciò che so in modo da potermi difendere, ne ho diritto», dice il cardinale. In effetti, già in conferenza stampa, il porporato, aveva invocato il diritto all'innocenza, parlando di possibili «manipolazioni» e di «equivoci» da chiarire, in particolare col Papa. Sullo sfondo rimane, però, l'identità della gola profonda, ma forse sono in due, che ha in qualche modo indirizzato le indagini degli investigatori papali sui flussi di denaro che da Roma hanno raggiunto la diocesi d'origine di Becciu, Ozieri, in Sardegna, per finanziare, con i soldi dell'Obolo di San Pietro, dei progetti benefici della cooperativa sociale del fratello del cardinale: i sospetti di tanti, fuori e dentro le stanze d'Oltretevere, ricadono su un laico già in servizio in Vaticano e che si occupava di questioni finanziarie e su un monsignore che attualmente risiede dentro le mura leonine. Nel mirino degli inquirenti ci sarebbero, oltre alle vicende legate alla cooperativa del fratello e all'affare del palazzo di lusso a Londra, anche altre operazioni, contatti con uomini d'affari di vari Paesi europei e altri finanziamenti a società umanitarie con sede all'estero. E poi c'è anche la partita che sta giocando il cardinale australiano George Pell che da Ministro delle Finanze del Vaticano, prima di far rientro in patria, nel 2017, per difendersi dalle accuse di pedofilia, aveva messo sotto la lente d'ingrandimento altre transazioni vaticane e aveva avuto degli scontri proprio con Becciu, tanto da aver sottoposto l'allora Sostituto della Segreteria di Stato ad una sorta di «interrogatorio» nel proprio ufficio e in presenza del suo segretario. Da uomo libero il «ranger» australiano ha riallacciato i rapporti col Papa che, subito dopo la scarcerazione gli ha chiesto di raggiungerlo a Roma per incontrarlo in udienza. Il faccia a faccia, secondo persone vicine al porporato, potrebbe avvenire già nel corso di questa cruciale settimana, con le sacre stanze sempre più in fibrillazione e un'atmosfera che sembra aver riportato il Vaticano ai tempi del primo Vatileaks; «si fa ormai la conta degli amici e dei nemici del Papa - sussurrano dalle logge - il pontificato sembra perder ancora pezzi». Il «licenziamento» del cardinale Becciu, in effetti, complica, ancor di più, la vita di Francesco, che va avanti per la sua strada fidandosi ormai soltanto di pochi intimi (per lo più gesuiti o vecchi amici cardinali) per fare le nomine e risolvere i problemi: da un lato la riforma della Curia che ancora non decolla, tra dicasteri da accorpare e altri porporati da salutare e dall'altro la diffidenza sempre più crescente dei fedeli, con relativo calo esponenziale delle offerte.
Con questo nuovo scandalo che riguarda l'Obolo di San Pietro, a una settimana esatta dalla giornata della colletta, il prossimo 4 ottobre, le casse per la carità del Papa, questa volta, potrebbero soffrire più del solito.
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