«C'è un pm, che andrà in pensione dopodomani, che ha maciullato la mia famiglia». È di rabbia, non di sollievo, la reazione di Matteo Renzi alla notizia che aspettava da anni, e che alle 12,30 di ieri lo raggiunge dal tribunale di Firenze. L'inchiesta Open, che da anni teneva sotto accusa l'ex presidente del Consiglio e dieci suoi amici e collaboratori, finisce in nulla. La giudice preliminare Sofia Farini smonta l'indagine con cui il pm Luca Turco ha dato la caccia per anni a Renzi, accusandolo di avere trasformato Open, la sua fondazione, in una cassa per finanziamenti illeciti.
Il 2 dicembre, Turco e il suo collega Antonino Nastasi avevano chiesto il rinvio a giudizio del leader di Italia Viva e dei suoi coimputati. Richiesta respinta, per tutti gli imputati e per tutte le accuse: «Gli elementi acquisti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna», scrive la giudice Farini. Per la procura di Firenze, una sconfitta epocale. Ma ne esce malconcio anche il Consiglio superiore della magistratura, che quando Renzi aveva accusato i pm fiorentini di essersi inventati accuse insensate lo aveva attaccato, accusandolo di «creare un clima di delegittimazione nei confronti dei magistrati». A quanto pare, aveva ragione Renzi.
Insieme all'ex premier vengono assolti tra gli altri la deputata Maria Elena Boschi («Finisce l'incubo»), l'ex ministro Luca Lotti, l'imprenditore Marco Carrai, insomma l'intero cerchio magico renziano finito anch'esso sotto il tiro di Turco. Nella sua reazione, Renzi ricorda che a venire martellati dalle accuse dei pm sono stati anche i suoi familiari: «Lo stesso pm che ha creato questo processo, ha preso il mio conto corrente poi finito sui quotidiani, mi ha indagato per più reati, ha arrestato mio padre e mia madre, poi assolti, ha tenuto a processo per 8 anni mia cognato, poi assolto, mandato a processo mia sorella, poi assolta. Non so se ci si rende conto, un unico pm che ha maciullato la mia famiglia».
L'udienza preliminare è durata oltre due anni, costellati di scontri frontali di asprezza crescente tra Renzi e i suoi accusatori: con Turco si sfiorò lo scontro fisico, quando l'ex premier gli disse in faccia «io di lei non mi fido», e il pm gli rispose gelido «fa bene a non fidarsi». A Turco oltre all'ostinazione nelle accuse Renzi contestava i metodi, in particolare per non avere distrutto né riconsegnato il contenuto dei telefoni sequestrati durante le indagini, come aveva ordinato la Cassazione: il pm li mandò invece al Parlamento, rendendoli di fatto pubblici. «Un comportamento eversivo o anarchico», disse Renzi.
Ora l'inchiesta affonda, anche se in teoria la Procura di Firenze (che ha un nuovo capo, Filippo Spiezia) potrebbe fare appello contro la sentenza. Ma intanto Renzi dice che «giustizia non è stata fatta», perché il proscioglimento arriva «dopo sei anni di indagini surreali e illegittime, dopo cinque anni di gogna mediatica a reti unificate, dopo quattro anni di perquisizioni incostituzionali, di pubblicazioni illegali, di ripetute violazioni dei nostri diritti fondamentali». E se la prende anche con gli avversari politici che accusa di avere fomentato l'inchiesta: «Sono due i partiti responsabili politicamente del massacro alla mia famiglia, M5s e FdI. Giorgia Meloni si deve vergognare di come ha sfruttato le indagini sulla mia famiglia».
Dal governo, il messaggio a Renzi è di Matteo Salvini: «Bene l'assoluzione, noi siamo sempre garantisti, a differenza di chi predica bene e poi vota in Parlamento per mandare a processo i rivali politici. Ora mi aspetto che Italia Viva voti con la Lega e il resto del centrodestra per cambiare questa giustizia».
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