Avanti con la deterrenza economica e diplomatica, e stavolta anche su quella energetica. Ecco la novità, subodorata dal regime russo: lo stop all'acquisto del gas, che finora non era stato messo in campo dall'Europa. Era l'ultima carta. Così ieri, nella moltitudine di incontri, telefonate e sessioni parlamentari, l'Occidente ha trovato una quadra sostanziale attorno al potenziamento delle sanzioni: «Siamo pronti, se Putin non ferma la guerra che ha scatenato», annuncia da Bruxelles Ursula Von der Leyen.
Accanto alla presidente della Commissione europea c'è il segretario di Stato americano Anthony Blinken: «Stiamo rispondendo insieme». Il gioco di sponda Usa-Ue spiazza il Cremlino. E il presidente russo cede la prima volta al nervosismo, «consigliando» di non esacerbare la situazione e minacciando di chiudere i rubinetti. Anche se il primo stop di gas dalla Russia c'era già stato, quello verso la Germania via Polonia; interrotto, Yamal-Europa è uno dei tre gasdotti che Gazprom usa per convogliare il suo oro e fornisce solo il 10% del fabbisogno del Paese.
A Bruxelles il messaggio che la pace non è a costo zero è passato. Anche perché «la partnership tra Usa e Ue è ai massimi livelli e questo fa la differenza», per Blinken. La Borsa di Mosca è chiusa da giorni e una dopo l'altra le aziende occidentali stanno cessando vendite e rapporti con la Russia, spiega Von der Leyen. L'Ue fa squadra anche con la Gran Bretagna. La ministra degli Esteri britannica, «ospite» ieri del vertice Esteri dei 27, smussa le posizioni più rigide sul gas, escluso dai primi pacchetti punitivi di Bruxelles. Liz Truss, dati alla mano, ricorda che l'unità sta avendo effetto sull'economia russa. Tuttavia per Londra «ora occorre fare di più, guardare al gas e al petrolio, tagliamo i finanziamenti alla macchina da guerra russa». Detto e (quasi) fatto. Forse già oggi l'accordo per infliggere a Putin e al suo cerchio magico di miliardari un colpo da apocalisse finanziaria.
Il salto in avanti sul gas l'ha fatto il Congresso Usa, proponendo una legge bipartisan che chiede a Biden di imporre sanzioni anche al settore energetico. Come pure il Canada, che ha già imposto dazi del 35%. Certo gli Usa hanno la loro indipendenza energetica, mentre per l'Ue è un miraggio. Ma continuando a comprare energia l'Europa cede ogni giorno circa 1 miliardo a Mosca: 660 milioni di euro per il gas, 350 per il petrolio. E visti gli aumenti del 30-40%, può solo pagare di più.
L'elmetto non serve, basterebbe svuotare il forziere putiniano. La via sembra tracciata. Nel mirino ora anche la prima e la terza banca della Federazione, escluse dalle prime due tranche di sanzioni: Swerbank, al 60% a controllo pubblico, e Gazprombank. Gli oligarchi hanno già perso milioni. E «valutiamo più banche russe fuori da Swift», spiega l'Alto rappresentante per la Politica estera dell'Ue Josep Borrell, che gioca il jolly proibito ancora prima che anche i 27 chiudano l'intesa.
Finora Mosca ha usato il gas per fare pressioni. Ma le parole dello zar lasciano pensare che ora l'orso si senta colpito al portafoglio. Minacce consuete: «Con altre sanzioni la situazione peggiorerà», dice, mentre il suo rappresentante all'Onu nega l'attacco alla centrale nucleare. Putin non concede nulla di più di un'ipotesi di ripresa dei colloqui Mosca-Kiev per domani. Al telefono con lui, ieri c'era il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha chiesto di fermare gli attacchi. «Senza cessate il fuoco, il G7 varerà nuove misure».
Usa e Ue uniti contro Mosca non da soli: salgono infatti a 40 i Paesi che applicano sanzioni identiche o simili, Giappone e Corea del Sud compresi.
Determinata a far saltare i nervi a Putin, anche la Svizzera, che ieri ha vietato l'export in Russia di tutti i beni che potrebbero contribuire al rafforzamento militare e tecnologico e ha portato i nomi «puniti» col congelamento dei beni a 233. Mentre il colosso francese del lusso Lvmh chiuderà tutte le sue 124 boutique in Russia.
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