Non sappiamo ancora se sarà più faticoso finire o ricominciare.
Il Comitato tecnico scientifico, ieri, ha bocciato l'idea della rimpatriata dell'ultimo giorno di scuola in classe, sollecitata da molti genitori e rilanciata nei giorni scorsi dal viceministro all'Istruzione Anna Ascani. Non si può fare. Troppo rischioso. Troppo complicato garantire il distanziamento sociale tra i ragazzi che, tra l'altro non si vedono da mesi. Limitare gli abbracci? Contingentare i baci?
Ma Ascani (e non solo lei) non demorde. «Facciamo almeno all'aperto - twitta - Non si può negare a bambini e ragazzi delle ultime classi questa possibilità». E su Facebook aggiunge: «In un primo momento il Comitato tecnico scientifico aveva detto no anche ai centri estivi. Poi si è trovato il modo di organizzarli in sicurezza. Dobbiamo fare lo stesso anche per l'ultimo giorno di scuola». Ma Agostino Miozzo, presidente del Cts, ha spiegato che le scuole non sono attrezzate e non hanno ancora predisposto i piani per regolare gli accessi alle aule scolastiche, agli androni, ai cortili.
«Il problema non è fare un saluto, ma accedere in condizioni di sicurezza e questo al momento non è possibile». Inoltre Miozzo ha precisato che i ragazzi rivedendosi dopo tanto tempo, in un'occasione del genere, cercherebbero il contatto fisico, si abbraccerebbero, e questo assembramento non può essere permesso. Il contagio non è stato debellato e in autunno potrebbe riaccendersi. Ovviamente sono indicazioni tecniche, ha sottolineato il Cts. Poi spetta alla politica decidere.
Un parere che il Cts ma anche ai sindacati presenti all'incontro di ieri, concordi nel negare ai ragazzi i saluti finali. Sul tavolo, la proposta su come concludere, ma soprattutto come ripartire a settembre in totale sicurezza. La delegazione Anief ha ricordato che servano 9 miliardi per modificare il rapporto alunni-prof e personale Ata alla luce del distanziamento sociale da mantenere di almeno due alunni per metro quadro, garantire assunzioni e recuperare i plessi dismessi. «No» secco del sindacato alla didattica alternata a quella in presenza o alla riduzione a 45 minuti delle lezioni. Come ripartiranno dunque? «Fino alle medie in presenza» (era notizia di due giorni fa). Poi su Skytg24, un barlume di Speranza, il ministro della Salute: «A settembre le scuole riapriranno per tutti».
Se c'era una cosa certa, era la maturità in presenza. Ma la scuola che si arrovella è fatta anche di corsi e ricorsi al Tar. Che puntualmente sono arrivati per bloccare la maturità in classe. Per ora si tratta solo di 500 docenti soprattutto siciliani che hanno creato il gruppo «Maturità 2020 online» preoccupati di rientrare a scuola anche in considerazione - dicono - dell'età di commissari e bidelli. Hanno anche proposto di far tornare gli studenti ma far collegare il resto della commissione da fuori. Dal ministero è arrivato già un secco no. Ma ora la parola spetta ai giudici.
Intanto mentre i sindacati sono già ripartiti sul piede di guerra, si attende il dipanarsi dell'ultima (ma la più importante) matassa scolastica. Quella che si arrovella in Senato per l'esame del decreto sulle regole di chiusura dell'anno e dell'avvio del prossimo.
Una matassa alla quale è attaccata anche un'altra questione, l'immissione in ruolo di 24mila docenti precari con almeno 36 mesi di servizio. Il provvedimento scade il 7 giugno e il governo sarebbe orientato a porre la questione di fiducia. Ieri è stato ancora rimandato. Ad oggi. Per fortuna non a settembre.
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