Caos per nidi e materne in Umbria che aprono e richiudono a colpi di carta bollata. Ieri la decisione del Consiglio di Stato che, ribaltando la precedente sentenza del Tar, ha confermato con decreto «l'efficacia della sospensione di tutti i servizi, pubblici e privati, socioeducativi per la prima infanzia fino a 36 mesi e i servizi educativi delle scuole dell'infanzia, statali e paritarie disposta dalla Regione Umbria sino al 21 febbraio». Tutta colpa delle varianti, soprattutto quella inglese, e della risalita della curva epidemica che ha avuto come conseguenza il lockdown per alcune aree dell'Umbria che, per correre ai ripari, il 6 febbraio scorso con un'ordinanza ha chiuso tutte le scuole. Ma va ricordato che in realtà anche in zona rossa in linea di principio asili e nidi devono restare aperti a meno di situazioni di particolare allarme. Ora questa decisione di fatto diventa un'indicazione operativa per tutto il territorio italiano: dove è presente la variante inglese è meglio chiudere tutto.
Il Tar dell'Umbria aveva accolto il ricorso in particolare di una madre sospendendo l'ordinanza regionale. Subito l'Umbria ha presentato ricorso al Consiglio di Stato ma la sospensiva del Tar era comunque valida fino alla decisione finale. E dunque il sistema è andato in tilt visto che la riapertura era fissata per ieri alcune scuole hanno accolto i bambini che però da oggi rimarranno di nuovo a casa. I giudici amministrativi avevano sospeso la chiusura in particolare nella provincia di Perugia e nei comuni di quella di Terni dichiarati zona rossa.
Ma ieri è intervenuto il Consiglio di Stato accogliendo il ricorso della regione. «Il Dipartimento di prevenzione del ministero della Salute ha evidenziato che la cosiddetta variante inglese a causa della maggiore trasmissibilità deve imporre l'isolamento di focolai e che vi è stata evidenza di aumento di contagi della variante inglese tra bambini e adolescenti», scrive il Consiglio di Stato. Dunque alla luce di quanto indicato dalle autorità scientifiche e «della classificazione come zona rossa rafforzata del territorio perugino» la decisione dell'Umbria di «sospendere fino al 21 febbraio 2021 anche i servizi scolastici per l'infanzia» risulta «coerente con l'assoluta necessaria precauzione rispetto al contagio e alla necessità di non interrompere il piano vaccinale».
I giudici amministrativi ricordano che i più piccoli «sono esentati dall'obbligo delle mascherine, ma non per questo essi appaiono, dalle sopracitate evidenze scientifiche sulle
varianti del virus apparse in regione, immuni dal periodo di contagio, con connesso rischio di trasferimento in ambito familiare». Insomma il rischio di far esplodere nuovi focolai è concreto perché i bimbi sono contagiosi.
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