Tanti saluti al Green deal (com'era stato imposto) e via libera all'industria europea dei cannoni per rilanciare l'economia del Vecchio continente e la deterrenza in chiave anti-Putin. In estrema sintesi, a sentire il discorso con cui ieri Ursula Von der Leyen ha ufficializzato la corsa al bis per la presidenza della Commissione europea, il jolly su cui punta è la difesa comune. Ma per ottenere il consenso necessario alla conferma a Bruxelles la strada è lunga. E parecchio accidentata.
Già nella direzione dei Cristiano-democratici tedeschi, suo partito di appartenenza che ieri l'ha indicata all'unanimità Spitzenkandidat per il Ppe, inizialmente le posizioni non erano tutte pro-Ursula. Anzi, a pesare sul suo cursus honorum sono tuttora certe scelte fatte da numero uno, seppur parzialmente ricalibrate, per esempio sulla transizione ecologica. Alla fine il leader della Cdu, Friedrich Merz, ha detto: dobbiamo esser grati a Von der Leyen. E con una Russia che secondo Bloomberg potrebbe attaccare membri Nato entro 5-8 anni il tema dell'esercito Ue scalda i cuori, rinsalda i rapporti con Kiev e prelude a più spesa pubblica e posti di lavoro.
La tedesca ha ammesso che negli ultimi 5 anni è cresciuta in esperienza, su quanto l'Europa possa fare per i cittadini. Insomma, lei è la stessa; strategia invece pronta a cambiare, ascoltando il vento che spira in Ue: a partire da una Commissione che, per dirla col ministro Tajani, dovrebbe abbandonare «la posizione ideologica avuta col Commissario Timmermans», zar del Green Deal dimessosi l'anno scorso. Tajani dice che Ursula è pure la candidata di Forza Italia.
Ma per essere «rieletta», non le basta il Ppe, che al Congresso di Bucarest del 6 e 7 marzo dovrebbe incoronarla formalmente. Dipende molto dall'esito delle elezioni di giugno, se riuscirà a sostituire (o integrare?) i voti socialdemocratici con quelli dei sovranisti più dialoganti con Bruxelles. Lei dice di credere ancora «fermamente nell'Europa, per me è casa, un secondo mandato è una decisione ponderata», contrapponendosi così a certi ultranazionalismi. E ieri ha pure fatto nomi e cognomi di quelli che ritiene «ostacoli alla democrazia in Europa, cioè Putin e i suoi amici, che si tratti di AfD (l'estrema destra tedesca), di Le Pen, di Wilders, o altre forze estreme che vogliono distruggere l'Europa», continuando invece a dialogare con certi conservatori, Meloni in primis.
La corsa è a sbianchettare il programma, adornandolo con temi che possano generare consenso per succedere a se stessa. Da una terza via dell'ambientalismo, abbozzata già con le novità sui pesticidi per gli agricoltori, fino al settore automotive, caldissimo: transizione da dilatare verso l'orizzonte 2050 e più attenzione alle ripercussioni sociali che non alle ragioni di Greta Thunberg & Co. Solo in Italia, l'orologio puntato da Timmermans al 2035 stima meno 70 mila posti di lavoro. Pragmatismo nuovo anche sui migranti. A Lampedusa, accanto a Meloni, Ursula ha chiarito (a Francia e Germania) che sbarcano in Europa.
Oggi promette prontezza nel rilancio dell'industria bellica; un Commissario alla Difesa e riarmo finanziato (forse con Eurobond) utile anche a non far più dire a Zelensky che il 70% delle armi Ue per Kiev sono a marchio Usa. Fino al 21 febbraio il Ppe può cambiare idea. Ma il N.1 Weber sta già lavorando per una «nuova maggioranza Ursula».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.