Nel caos post-audizioni dei Commissari designati, a Bruxelles si teme il peggio: lo sgretolamento dell'Ursula bis. Fase tattica, certo. Ma accuse reciproche (in larga parte strumentali) rischiano davvero di far saltare il varo. Ieri il Ppe ha votato assieme a Patrioti, Conservatori e ultradestra per regole meno rigorose sul contrasto alla deforestazione, posticipate di due anni. E i socialisti l'hanno tacciato di voler creare una maggioranza alternativa con le destre. Quindi insistono con il No a Fitto in Commissione: «Se vogliono farlo passare con un'altra maggioranza, lo facciano». E le hanno dato pure un nome: «Maggioranza Venezuela».
Il riferimento è a quel voto che aveva già unito le destre all'Eurocamera lo scorso 19 settembre, in cui si chiedeva il riconoscimento della presidenza di González Urrutia, la condanna dell'autocrate Maduro e delle violazioni dei diritti umani contro i suoi oppositori in carcere. Ma se i socialisti, Pd i primis, minacciano per questo di far saltare il banco per la nuova Commissione, ieri c'è stata la mossa del Quirinale che tinge la contesa di pragmatismo. Il presidente della Repubblica Mattarella ha ricevuto Raffaele Fitto formulandogli «gli auguri per l'affidamento dell'incarico - così importante per l'Italia assegnatogli dalla presidente Von der Leyen nell'ambito della Commissione dell'Ue». Un chiaro invito ai dem a maggior ragionevolezza, visto che sono la componente più grande del gruppo socialista Ue. Per l'eurodeputato Bonaccini vogliono prima un chiarimento pubblico da Ursula: «Il Ppe vuol mantenere una maggioranza europeista o schierarsi con l'estrema destra?». Siamo al muro contro muro. E resta il no a Fitto.
La presidente dell'Europarlamento, Metsola, rassicura sulla ricomposizione: «C'è tempo, sulla Commissione si voterà il 27 novembre in Aula, è nostra responsabilità farlo soprattutto se guardiamo a ciò che sta accadendo nel mondo, i cittadini si aspettano che continuiamo a fornire assistenza all'Ucraina e alla competitività Ue». Trattativa arenata, ma non del tutto inaridita. Sulla «deforestazione» c'era effettivamente un accordo. Di qui l'accusa delle sinistre al Ppe, di aver indebolito il Green Deal «in coalizione con l'estrema destra». Democrazia o tradimento? Tanto è bastato per dare defunta l'Ursula bis, invitando Von de Leyen a chiarire come intende andare avanti, se con la vicepresidenza a Fitto o con un suo «declassamento». L'altra vicepresidenza problematica è per la socialista spagnola Teresa Ribera. I popolari hanno posto un veto per il Sì: che l'attuale ministra per la transizione ambientale e vicepremier si assuma in sostanza la responsabilità delle alluvioni a Valencia. È attesa in audizione al Parlamento spagnolo il 20 novembre. Poi si vedrà. Clima avvelenato. Ma cos'è cambiato rispetto all'accordo votato a luglio da Socialisti, verdi, liberali e Ppe? Saltato il governo Scholz in Germania, l'Spd nei sondaggi è solo terzo partito; Macron è indebolito dall'ascesa lepenista; il governo Sánchez è sulla graticola.
Lo scivolamento a destra spaventa ancora di più, con i socialisti pronti a tenere in ostaggio la partenza della Commissione pur di tenere, quanto più possibile, le destre fuori dal «governo» Ue. Per il ministro degli Esteri Tajani, «non si può essere europeisti à la carte né perdere tempo in capricci». E qualcuno parla pure di un piano B, vista la cena di Draghi all'Eliseo mercoledì.
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