Usa: "Maduro, la pazienza sta finendo"

L'opposizione denuncia nuove brutali repressioni. E la Casa Bianca mette in mora il dittatore

Usa: "Maduro, la pazienza sta finendo"
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La leader dell'opposizione venezuelana, María Corina Machado, ha denunciato che la brutale violenza e repressione ordinata da Maduro ieri aveva già causato 16 omicidi, 11 desaparecidos e oltre 177 prigionieri politici. Un modus operandi che ricorda le peggiori dittature latinoamericane del passato. La Machado ha dichiarato che «di fronte alla vittoria forte e inappellabile, al regime rimane solo la violenza criminale», rivolgendo poi la sua solidarietà alle famiglie dei defunti, degli scomparsi e degli arrestati ingiustamente, tra cui un folto gruppo di studenti che domenica scorsa ha rifiutato il cosiddetto «voto assistito», ovvero di votare Maduro sotto l'occhio vigile dei suoi paramilitari. «Questi crimini non rimarranno impuniti - ha assicurato Machado, confermando che - ho detto loro che andiamo fino alla fine e andiamo fino alla fine. Ora abbiamo un nuovo motivo: il sacrificio che fate e avete fatto».

Dal canto suo, la moglie del coordinatore politico del partito Voluntad Popular, Freddy Superlano, sequestrato ieri da agenti della polizia politica del regime, ha chiesto una prova che sia ancora vivo. Secondo fonti raccolte da Il Giornale, da ieri, lui insieme a un suo cugino, sono torturati dagli sgherri del Sebin, gli 007 chavisti che rispondono direttamente agli ordini di Maduro.

Il candidato presidenziale, Edmundo González Urrutia, che secondo l'81,24% dei verbali elettorali raccolti, digitalizzati e messi online dai rappresentanti di seggio (consultabili qui per il dettaglio totale, stato per stato, comune e seggio https://resultadosconvzla.com) ha ottenuto 7.119.768 voti (67%) contro i 3.225.819 (30%) di Maduro, ha ringraziato per il suo ripetuto sostegno e l'appello a rispettare la volontà popolare espressa domenica scorsa. «Ringraziamo l'Onu, l'Organizzazione degli Stati Americani, l'Unione Europea, gli Stati Uniti, il Brasile, la Colombia, il Cile, il Messico, l'Argentina, la Spagna, l'Italia, il Portogallo, il Perù, il Costa Rica, El Salvador, l'Uruguay, Panama, il Guatemala, la Repubblica Dominicana e il Paraguay».

La leader e testimone principale della campagna elettorale di Edmundo González Urrutia davanti al Consiglio elettorale venezuelano (Cne), Delsa Solorzano, ha riferito di aver ricevuto «molte denunce da testimoni di seggio che vengono minacciati» dai paramilitari di Maduro, aggiungendo però che «non serve a nulla, visto che i coraggiosi venezuelani che erano testimoni e membri ai seggi, hanno già consegnato i verbali ai comandi della campagna che sono già digitalizzati» e online.

E mentre il presidente brasiliano Lula Da Silva, dopo avere assicurato Joe Biden (che lo aveva chiamato al telefono) «di volere difendere la democrazia», ieri ha detto ai media locali che il voto a Caracas, a detta sua, sarebbe stato «fluido e normale», il presidente colombiano, Gustavo Petro, ha invece invitato «il governo venezuelano a permettere che le elezioni finiscano in pace con uno scrutinio trasparente con conteggio dei voti, dei verbali e con un controllo internazionale professionale». Persino il leader di Podemos, Pablo Iglesias, ha sostenuto la proposta del presidente della Colombia. «Parole piene di buon senso, indicano, la strada giusta», ha dichiarato Iglesias, aggiungendo che «il presidente Maduro ha oggi una grande responsabilità, ricordare lo spirito di Chávez, e permettere al popolo venezuelano di tornare alla tranquillità, accettando il risultato trasparente, qualunque sia stato», ha dichiarato lux vicepresidente spagnolo. E se persino Iglesias ha fatto meglio di Lula, i ministri degli esteri del G7, composto da Germania, Canada, Stati Uniti, Francia, Italia, Giappone e Regno Unito, hanno espresso la loro «solidarietà» con il popolo del Venezuela e hanno chiesto «moderazione» per cercare «una soluzione pacifica, democratica e guidata dal Venezuela». Questa la dichiarazione diffusa dalla presidenza italiana del G7: «Chiediamo alle autorità competenti di pubblicare risultati elettorali dettagliati in piena trasparenza e chiediamo ai responsabili del processo elettorale di condividere immediatamente tutte le informazioni con l'opposizione e gli osservatori indipendenti».

Secondo fonti del Giornale, il rischio è che per ora non sarà diffuso nessun risultato «ufficiale» da parte della dittatura. Solo da domani il regime presenterà documenti elettorali contraffatti che sta producendo da domenica sera, quando ha proclamato la vittoria fake di Maduro.

E dalla Casa Bianca, in serata, il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa John Kirby ha avvisato sibillino: «Voglio sottolineare che la nostra pazienza, e quella della comunità internazionale, sta finendo».

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