Le verità "certificate" di Tronchetti Provera. Si può dire che la Fiat cacciò l'Ingegnere

Il manager ricordò le magagne del finanziere, che lo querelò. Ma poi perse

Le verità "certificate" di Tronchetti Provera. Si può dire che la Fiat cacciò l'Ingegnere

Alla fine, Carlo De Benedetti la zappa sui piedi se l'è data da solo, in un gesto dettato forse più dal carattere che dal raziocinio: e dall'antipatia che da anni lo contrappone a un altro grande imprenditore, l'amministratore delegato di Pirelli, Marco Tronchetti Provera. Sei anni fa, al termine di una baruffa a distanza, a colpi di dichiarazioni alle agenzie, l'Ingegnere sporse querela per diffamazione. E Tronchetti venne assolto. Grazie a quella sentenza, una serie di epiteti a De Benedetti sono da oggi ufficialmente sdoganati.

Nell'ordine: è consentito dire che «De Benedetti è stato molto discusso per certi bilanci dell'Olivetti»; si può serenamente affermare «che fu allontanato dalla Fiat»; via libera alla frase «fu coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano». E non c'è nulla di male a rimarcare, come fece Tronchetti, la cittadinanza svizzera dell'ottantaseienne editore.

Nella sua sentenza, il giudice Monica Amicone dà atto che i giudizi riservati da Tronchetti al collega non sono certo dei complimenti. Anzi, le circostanze indicate da Tronchetti sono «quanto meno disdicevoli per il De Benedetti». L'«essere implicato» nella bancarotta del Banco Ambrosiano, «uno dei più grandi scandali finanziari italiani del dopoguerra», «risulta pregiudizievole per la reputazione di chiunque». E per un manager di professione l'accusa di stendere bilanci discutibili significa mettere in discussione «la capacità di una corretta ed efficace gestione delle società».

Il problema, per il querelante De Benedetti, è che le affermazioni di Tronchetti per i giudici sono tutte vere. É vero che venne coinvolto nell'Ambrosiano: «appare riscontrata la veridicità della dichiarazione dell'imputato (Tronchetti Provera, ndr) circa il coinvolgimento di De Benedetti in un procedimento per bancarotta che l'ha visto imputato fino al giudizio di Cassazione, benché successivamente prosciolto». È vero che dalla Fiat venne repentinamente accompagnato alla porta. Ed è vero anche che per i bilanci dell'Olivetti è stato condannato.

A questo capitolo la sentenza del giudice Amicone dedica uno dei passaggi più lunghi, partendo dalla surreale udienza in cui, interrogato in aula, De Benedetti disse al giudice di non essere mai stato denunciato per falso in bilancio, «parlare di bilanci discussi è un falso è un insulto». Ma a quel punto si alzò il difensore di Tronchetti e gli chiese se non si ricordasse di una sentenza del 1999 del tribunale di Ivrea. «Non mi ricordo, era una cosa irrilevante perché è finita certamente nel nulla». E l'avvocato, implacabile: «Non è finita nel nulla, è finita con una condanna nei suoi confronti a tre mesi di reclusione». Saltò fuori che a chiedere di patteggiare era stato lui, De Benedetti.

Scrive il giudice nella sentenza: «appaiono prive di rilievo oltre che opinabili le considerazioni sulla natura marginale della fattispecie penale rispetto alla quale il De Benedetti ha chiesto e ottenuto l'applicazione della pena».

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