Il vero Bonafede confessa. La speranza delle toghe. "U Siccu può collaborare"

Trent'anni di misteri. Matteo Messina Denaro era nebbia. Impalpabile, eppure c'era. Impartiva ordini, riorganizzava la Cupola dopo gli azzeramenti dei vertici dovuti alle operazioni antimafia dei carabinieri negli ultimi anni

Il vero Bonafede confessa. La speranza delle toghe. "U Siccu può collaborare"

Trent'anni di misteri. Matteo Messina Denaro era nebbia. Impalpabile, eppure c'era. Impartiva ordini, riorganizzava la Cupola dopo gli azzeramenti dei vertici dovuti alle operazioni antimafia dei carabinieri negli ultimi anni, aveva le mani in pasta in tutti i settori, dalla droga al commercio, alle energie rinnovabili ai finanziamenti pubblici. Sembrava ovunque, ma nessuno sapeva dove fosse. Tanti i fiancheggiatori, i prestanome, persino tra gli esponenti delle istituzioni, i boss e i gregari pronti a eseguire il suo volere. Eppure tutto era velato dal mistero. Ma adesso si inizia a far luce.

Comincia a dissiparsi la nebbia, e molto - si ritiene in ambienti investigativi - si otterrà dall'analisi del materiale acquisito ieri. Il primo a cantare è il vero Andrea Bonafede, 59 anni, colui che ha prestato, negli ultimi tempi, l'identità alla primula rossa arrestata martedì dai carabinieri del Ros, su coordinamento della procura di Palermo, nella clinica La Maddalena. Messina Denaro possedeva una carta di identità del prestanome. Il geometra indagato, con la prospettiva di una condanna severa, anche per procurata inosservanza di pena pluriaggravata, sta facendo ammissioni che potrebbero affievolire le eventuali esigenze cautelari. Ha dichiarato di conoscere l'ultimo stragista del '92 e '93 sin da quando erano ragazzi e ha ammesso di essersi prestato a comprare, con i soldi del capomafia, la casa a Campobello di Mazara, in cui Messina Denaro ha vissuto gli ultimi due anni. Un covo comodo perché nello stesso paese viveva il favoreggiatore Giovanni Luppino, l'autista arrestato a sua volta martedì mentre attendeva il boss per riportarlo a casa. Un appartamento nel centro della città «ben ristrutturato, che testimonia che le condizioni economiche del latitante erano buone. Arredamento ricercato, di un certo tenore, non di lusso ma di apprezzabile livello economico» ha detto il comandante provinciale carabinieri di Trapani, Fabio Bottino. Potrebbe non essere l'unico covo.

C'erano sneaker griffate, vestiti di lusso, orologi costosi, ricevute di ristoranti, un frigorifero pieno, Viagra e profilattici. E qui spunta la figura del medico, Alfonso Tumbarello, 70 anni, indagato. «Non sapevo nulla. Per me era il signor Bonafede» si è difeso davanti agli inquirenti, ma per loro c'è di più. Tumbarello per decenni è stato medico di base a Campobello di Mazara fino a dicembre 2021, quando è andato in pensione. Messina Denaro figurava tra i suoi pazienti come Andrea Bonafede. Tumbarello è stato sentito e i carabinieri hanno perquisito il suo ex studio medico e le abitazioni di Campobello di Mazara e Tre Fontane.

L'attenzione della procura è incentrata su tre filoni di inchiesta. «Il primo è la rete che ha consentito a Messina Denaro di vivere: ad esempio chi ne curava gli spostamenti spiega il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia Ma anche le eventuali relazioni intrattenute. L'altro, partendo dal tenore di vita alto, riguarda il modo in cui è riuscito a finanziarsi: la provenienza del denaro, come ne veniva in possesso. Non c'è dubbio che esista il patrimonio ingente di cui si parla, ma come ne è venuto in possesso e come poteva attingere da esso. Infine c'è il profilo più complesso che riguarda, sulla scorta del materiale acquisito oggi, la ricostruzione del lungo periodo in cui non abbiamo tracce del suo passaggio. Sappiamo che ha vissuto gli ultimi due anni a Campobello di Mazara dice De Lucia C'è un ambiente che lo conosce e, in un certo senso, lo ha protetto. Ma ci sono 28 anni di buio. Chi lo ha protetto?». Poi il procuratore viene stuzzicato sulla possibile collaborazione del boss: ««Non speriamo in nulla, facciamo il nostro lavoro e vediamo che evoluzione avrà».

Sarà l'avvocato Lorenza Guttadauro, nipote di U Siccu e dello storico boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro, il legale di Messina Denaro che domani

nell'aula bunker di Caltanissetta è chiamato a rispondere delle stragi del '92, di Capaci e via D'Amelio. Per il primo degli appuntamenti del boss con la giustzia. Che - anche trent'anni dopo - ora gli presenta il conto.

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