Il vessillo del Mississippi e John Wayne nel mirino dell'ondata delle proteste

Via il simbolo confederato dalla bandiera dello stato del Sud. E l'aeroporto di Orange County non sarà più dedicato all'attore

Il vessillo del Mississippi e John Wayne nel mirino dell'ondata delle proteste

Dopo le statue dei grandi personaggi «sudisti» e di Cristoforo Colombo, che il movimento per i diritti civili americano reputa collegati alla schiavitù e al colonialismo, cade un altro simbolo confederato. Il Mississippi, nel profondo sud degli Usa, rimuoverà lo stendardo della Confederazione dalla sua bandiera (era l'ultimo stato americano ad avere ancora l'emblema). Nel 2001 gli elettori avevano deciso di mantenere il vessillo così com'era, considerandolo un ricordo dell'eredità storica e degli antenati che avevano combattuto nella guerra civile. Ma dopo l'ondata di proteste anti-razziste seguite alla morte dell'afroamericano George Floyd a Minneapolis si è riacceso il dibattito sul simbolo confederato, e il Parlamento statale ha dato il via libera alla rimozione. Il disegno di legge è passato in entrambe le Camere, e ora è sul tavolo del governatore Tate Reeves per la firma (il quale ha già annunciato il suo sostegno). «La discussione sulla bandiera del 1894 è diventata divisiva quanto la bandiera stessa, ed è ora di finirla», ha scritto Reeves su Twitter, precisando: «Non dobbiamo illuderci che un voto in Campidoglio basti, il compito che abbiamo di fronte è riunire lo stato». Secondo le norme del Mississippi, ora ci sarà una commissione incaricata di progettare la nuova bandiera, che gli elettori dovranno votare a novembre.

Nel frattempo, in California, anche John Wayne potrebbe cadere sotto i colpi delle proteste. I democratici locali, infatti, stanno facendo pressione per togliere il nome e la statua della leggenda di Hollywood dall'aeroporto della contea di Orange. «In tanti ormai chiedono di dare un nome nuovo allo scalo, accusando Wayne di avere una visione suprematista e posizioni chiaramente contro la comunità Lgbt e contro i nativi americani», hanno spiegato i promotori della risoluzione, domandando di tornare a chiamarlo - come in origine - Orange County Airport. Lo scalo commerciale di Santa Ana fu dedicato a John Wayne nel 1979, lo stesso anno in cui l'attore, che risiedeva da molto tempo nella contea, morì. A scatenare la polemica sono state le dichiarazioni della star in una controversa intervista a Playboy del 1971: Wayne disse di «credere nel suprematismo bianco» e di «non sentirsi in colpa» del fatto che cinque o dieci generazioni prima di lui esisteva la schiavitù in America. Rispondendo poi a chi gli chiedeva se dovesse essere tolta la licenza di insegnare all'attivista Angela Davis perché afroamericana: «Non credo che si debba dare autorità a gente irresponsabile». I dem hanno definito le affermazioni «razziste e bigotte», sottolineando che la mossa fa parte del «movimento nazionale per rimuovere simboli del suprematismo bianco». Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente Donald Trump, definendo su Twitter «un'incredibile idiozia» la proposta di cambiare il nome del John Wayne Airport. Il tycoon, nelle ultime ore, è poi nuovamente finito al centro delle critiche per aver ritwittato il video di una coppia in cui si vedono l'uomo e la donna bianchi puntare armi da fuoco (una pistola e un fucile AR-15) contro i manifestanti di Black Lives Matter che passavano davanti alla loro abitazione di St. Louis, in Missouri.

E ieri, intanto, sono comparsi in tribunale per la seconda udienza preliminare i quattro ex agenti accusati della morte di Floyd. Derek Chauvin è accusato di omicidio di secondo grado, mentre Thomas Lane, J. Kueng e Tou Thao di aver aiutato e favorito il collega.

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