"Viola la neutralità" La Francia vieta l'hijab alle atlete in campo

Ma è rissa sul tema. Anche Macron contesta la misura, approvata dal centrodestra

"Viola la neutralità" La Francia vieta l'hijab alle atlete in campo

Nuovo colpo all'hijab in terra d'Oltralpe. Il Senato francese, su proposta dei neogollisti, ha infatti approvato due emendamenti per «democratizzare lo sport». Modificando un disegno di legge del governo, si vieta «l'uso di vistosi simboli religiosi nelle manifestazioni e nelle competizioni sportive organizzate da federazioni e associazioni». Stop a gare di nuoto usate come trampolino per le rivendicazioni dell'islam «politico», a partite di calcio, anche di categorie minori, basket, pallavolo, pallamano, in cui l'aspetto religioso spesso prevale su quello atletico.

Inevitabile la rissa: sui social, quanto in Parlamento, per un tema che in Francia ha subìto vari zig-zag, senza mai trovare una quadra definitiva. Il partito di Emmanuel Macron si sfila, contestando la misura approvata dal centrodestra con 160 voti favorevoli e 143 contrari. Ma il velo torna al centro del campo. E anzi resterà (forse) nello spogliatoio.

L'emendamento approvato dai Républicains riaccende la contesa sui simboli. Il collettivo «Les hijabeuses» a novembre ha infatti interpellato il Consiglio di Stato (che non si è ancora pronunciato) contro le regole della Federcalcio francese (FFF) che vietano già di indossare «segni o abiti che manifestino appartenenza politica, filosofica, religiosa o sindacale». Le musulmane militanti non riconoscono però quei regolamenti. C'è un vuoto giuridico. Quindi il Senato mette nero su bianco che l'hijab «viola la neutralità sul campo di gioco».

I neogollisti denunciano che le gare si stanno trasformando in confronti tra quartieri-ghetto. «Sport e scuola sono luoghi in cui dobbiamo resistere», dicono. E se l'hijab potrebbe non essere più ammesso in campo, un secondo emendamento passato sempre in Senato punta a intervenire pure nelle classi, cancellando i cosiddetti certificati di cortesia: quelli che consentono di essere esentati dall'educazione fisica per motivi diversi da quelli medici. Si tratta di un fenomeno con cui il 40% degli insegnanti francesi si è dovuto confrontare, ha spiegato il Comitato dei saggi per la laicità che ne denuncia un uso strumentale per estromettere le ragazze dall'attività sportiva in nome dell'islam. Un altro rompicapo.

Il testo anti-hijab è frutto anch'esso di una ricerca parlamentare che ha mostrato come l'islam radicale si sia infiltrato nei campi da gioco, di periferia e non, rendendo per esempio certe micro-società di calcio, pallamano, nuoto e pallavolo veri e propri hub del radicalismo. E le donne sono l'ultima frontiera. Persino il socialista François Hollande, durante la sua presidenza, denunciava il fenomeno che si muove silenzioso nelle banlieue. Simil-predicatori che diventano coach creano un'associazione sportiva e giovani e giovanissime affascinati dall'ideologia, più che dai valori dello sport, passano facilmente da una vita di quartiere fatta di «futsal» e calcio «di strada» all'essere atleti al servizio di un «progetto» che Macron ha più volte chiamato «di conquista degli spazi della République». Evidentemente, però, a poche settimane dal voto, non conviene denunciare la realtà dell'islam radicale e «politico» con la stessa fermezza mostrata dai neogollisti. I senatori di En Marche non hanno infatti sostenuto i due emendamenti al disegno di legge sullo Sport, nonostante nel febbraio 2021 proprio l'esecutivo denunciò il fenomeno dei certificati di cortesia: «La scuola non deve essere fucina di separatismo religioso», dicevano.

Una commissione paritetica, 7 deputati e 7 senatori, avrà il compito di trovare un compromesso entro fine mese, puntando a ridimensionare l'influenza degli estremisti Made in France, senza scontentare troppo gli avvocati difensori dell'islam nascosti anche in Parlamento.

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