È stato approvato nella serata di ieri nella commissione bicamerale di Vigilanza Rai l'emendamento più discusso alla delibera dell'Agcom sulla par condicio per le prossime elezioni europee, quello presentato da FdI, Lega e Nm, il 4.13, secondo cui i rappresentanti delle istituzioni - premier, ministri, ma anche presidenti di commissioni parlamentari - pur dovendo soggiacere al sistema di contrappesi, conservano il diritto «di garantire una puntuale informazione sulle attività istituzionali e governative secondo le regole stabilite dalla legge n.28 del 2000 e della legge 515 del 1993», come spiega Maurizio Lupi di Noi Moderati. La maggioranza ha votato a favore mentre i rappresentanti dell'opposizione hanno espresso il voto contrario e hanno gridato allo scandalo. «Un emendamento cucito su misura anche sulle candidature alle europee della premier e dei ministri come Tajani. Questa è una vera e propria vergogna», dice il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli, mentre i componenti Pd della commissione parlano di «grave strappo. C'è stata la volontà di far esondare il governo durante la campagna elettorale eliminando il motivo stesso per cui esiste la par condicio».
Una polemica «assurda» secondo il centrodestra. «Abbiamo riportato semplicemente nei nostri emendamenti quello che fu stabilito nel 2019 dall'allora commissione di Vigilanza, e ricordo che il governo era a guida Conte - nota Lupi -. Il governo deve e può parlare nell'esclusivo esercizio delle proprie funzioni, quindi raccontando le cose che fa». Un dossier interno alla maggioranza ricorda infatti il testo presentato in Vigilanza prima delle europee del 2019, quando al governo c'era Conte. Lì si metteva nero su bianco l'esclusione dei rappresentanti del governo dal conteggio delle presenze politiche in tv «nei casi in cui intervengano su materie inerenti all'esclusivo esercizio delle funzioni istituzionali svolte». Lo stesso identico concetto riportato nell'emendamento della maggioranza. Il senatore azzurro Maurizio Gasparri la butta sull'ironia: «A Ferragosto c'è l'esodo delle automobili, poi il 25 agosto c'è il controesodo, a gennaio c'è il picco delle influenze, in primavera c'è la par condicio. C'è scritto nella legge del 1993 e del 2000. È un argomento trito e ritrito, poi se uno intorno ci deve creare una recita sulla democrazia minacciata lo può anche fare, ma come argomento ha il valore delle code di ferragosto e della febbre a gennaio».
In tutto erano più di trenta le proposte di modifica del testo Agcom che stabilisce le regole per la campagna elettorale in tv, su cui si è lavorato a lungo per accorciare le distanze tra le opposizioni e la maggioranza, nella quale Fi non ha firmato gli emendamenti degli alleati, anche se il senatore azzurro Maurizio Gasparri prevedeva che «una soluzione si troverà». Tra i nodi da sciogliere la richiesta di FdI, Lega e Nm di rivedere il meccanismo previsto da Agcom, secondo il quale, nel periodo preelettorale, presenze e interviste televisive degli esponenti politici devono essere valutate non solo dal punto di vista «quantitativo» delle fasce orarie, ma anche «qualitativo», legato ai dati Auditel.
Dalla presidente grillina Barbara Floridia era anche arrivata la proposta di azzerare tutto e tornare alla formulazione originaria dell'Agcom.
Il timore dell'opposizione è che il centrodestra alle Europee candidi dei ministri (Tajani e anche la premier non hanno ancora sciolto la riserva) e che quindi utilizzino gli spazi istituzionali anche come vetrina elettorale. Una parte dell'opposizione chiede anche il sorteggio per le tribune elettorali. Resta il criterio delle fasce orarie ma viene chiesto all'Agcom di indicare alla Rai parametri specifici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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