
Si vedrà se passerà alla storia come un Mr. Wolf al rovescio o reale risolutore di problemi. Ma è un fatto che Steve Witkoff, l'inviato speciale di The Donald, ieri abbia incontrato il presidente russo Putin per la terza volta in poche settimane. A San Pietroburgo. Dopo un preludio di dichiarazioni che invitavano a non aspettarsi «svolte», il portavoce del Cremlino Peskov ha sottolineato che tra Washington e Mosca è «in corso un processo di normalizzazione delle relazioni e di ricerca delle basi per intraprendere la traiettoria di un accordo sulla questione ucraina». E che forse c'è in scia un faccia a faccia da fissare tra i leader di Usa e Russia; atteso da settimane. Per ora, si profila una nuova telefonata tra i due leader. E la portavoce della Casa Bianca Leavitt definisce il colloquio «un altro passo nel processo di negoziazione verso un cessate il fuoco e un accordo di pace definitivo».
Ventiquattro ore dopo lo scambio di prigionieri ad Abi Dhabi e dopo un incontro distensivo a Istanbul sul ripristino degli staff nelle rispettive sedi diplomatiche dopo le riduzioni avvenute con le sanzioni introdotte in seguito all'attacco russo all'Ucraina, Trump spinge per un cessate un fuoco, e va in pressing: «La Russia deve muoversi. Troppe persone stanno morendo, migliaia alla settimana, in una guerra terribile e insensata che non sarebbe mai dovuta accadere, e non sarebbe accaduta se fossi stato presidente». Così su Truth prima dell'incontro del suo uomo con lo zar. Durato due ore e definito da Peskov «professionale».
Frustrato dal fatto che i negoziati non abbiano fatto progressi, il tycoon ieri ha spedito Witkoff nella Biblioteca Presidenziale Boris Eltsin. Le 9 ore di faccia a faccia tra delegazioni in Arabia Saudita, il 24 marzo, sembravano promettenti per la sicurezza della navigazione nel Mar Nero, questioni territoriali ed energetiche. Poi, però, nuovi attacchi russi nelle città; e ucraini nel Kursk e nella Crimea occupata. Ieri l'accelerazione: se entro aprile non verrà raggiunto un cessate il fuoco, ha rivelato ad Axios una fonte diplomatica, Trump potrebbe procedere con ulteriori sanzioni contro la Russia.
Proprio su questo avrebbe spinto Witkoff, tra opzioni di business e diplomazia, sfiorando l'ultimatum per riportare Putin a più miti consigli. Dopo aver discusso con l'inviato del Cremlino per gli investimenti Kirill Dmitriev, già incontrato a Washington, le richieste russe sono state la revoca di alcune sanzioni Usa, a partire da quelle inflitte alla compagnia Aeroflot nel contesto della discussione sulla ripresa dei voli diretti fra i due Paesi, fino alla «normalizzazione», e cioè il «reciproco riconoscimento e rispetto degli interessi nazionali», ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, affermando che gli Usa sono consapevoli che «tornare ai confini del 1991, come Zelensky chiede, è irrealizzabile». E Trump sa che, per metter fine alla guerra, «dovrà accettare la perdita dei territori» conquistati da Mosca. Circa il 20% del Donbass resta in mano agli ucraini. L'esercito russo punta a mangiarlo integralmente.
«A differenza dell'Europa che ignora le cause profonde della situazione attuale, gli Stati Uniti sono disposti ad arrivare al nocciolo del problema». Così Lavrov. Tra tentativi di guadagnar tempo. Con un Trump abbondantemente fuori calendario rispetto alle promesse di pace in 24 ore.
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