Adesso è ufficiale: è nato un nuovo asse a livello globale tra Cina e Russia. Un'alleanza fondata non sull'ideologia ma su un'esplicita comunanza di interessi, che ha un nemico (l'Occidente a guida americana) e un preciso obiettivo: soppiantarne l'egemonia mondiale, prenderne il posto. Xi Jinping e Vladimir Putin, che ieri si sono di nuovo calorosamente incontrati nel giorno della inaugurazione delle Olimpiadi invernali di Pechino, incarnano questa svolta nelle relazioni internazionali in qualità di leader autoritari di due Paesi che rifiutano i valori occidentali di democrazia e di liberalismo: essi pretendono di offrire al mondo un modello alternativo, che è poi la glorificazione della dittatura, basato sulla stabilità garantita da un leader intoccabile (Putin è al potere da 22 anni, Xi da nove e verosimilmente entrambi vi rimarranno a vita).
Ieri i presidenti di Cina e Russia si sono promessi reciprocamente non solo uno sviluppo senza precedenti dell'interscambio commerciale (già assestato nel 2021 sulla enorme cifra di 120 miliardi di dollari, arriverà presto a 200), non solo l'estensione della cooperazione sul gas, con un nuovo accordo che porterà in Cina 10 miliardi di metri cubi di gas russo all'anno, ma soprattutto il reciproco sostegno nell'arena internazionale: in sostanza, il tuo nemico è il mio nemico, e io mi impegno ad aiutarti in ogni circostanza. Nel dettaglio, ieri Putin ha riconosciuto la pretesa di Pechino (storicamente falsa) che Taiwan sia parte integrante della Repubblica popolare cinese, incassando in cambio da Xi il sostegno alla pretesa russa di bloccare un'eventuale espansione a Est della Nato e di vedersi riconosciuta un'antistorica zona d'influenza in quella che fu l'Urrs, collassata ormai da più di trent'anni. «Cina e Russia attuano il vero multilateralismo», ha spiegato Xi. Queste dichiarazioni marcano una chiara volontà di contrapposizione all'Occidente, ma l'aspetto che più dovrebbe preoccupare è direttamente connesso con i cosiddetti valori alternativi a quelli democratici: sia nel caso di Taiwan che dell'Ucraina e di altre Repubbliche ex sovietiche, la volontà dei popoli interessati non viene tenuta in alcun conto, vale solo la legge del più forte.
Ecco dunque che il senso del sostegno di Putin a Xi si applica perfettamente anche ai Giochi Olimpici. Il leader russo è venuto a Pechino per sottolineare che non solo disapprova il boicottaggio diplomatico dei Giochi scelto da Stati Uniti, Giappone e altri per protestare contro la repressione delle libertà civili in Cina, ma che condivide invece i «valori della vera democrazia» di cui Xi ama parlare. Putin ha esaltato nel suo discorso «i legami bilaterali senza precedenti con Pechino, esempio per il mondo del XXI secolo di una relazione improntata alla dignità» e ha parlato della Cina come del più importante partner strategico della Russia e di «un amico dalle comuni aspirazioni». I media di Stato cinesi sottolineano l'atmosfera «calda e amichevole» in cui si è tenuto un successivo banchetto ufficiale tra i due leader e hanno dato ampio risalto a un documento comune in cui si attribuisce alla Nato una mentalità da guerra fredda che dev'essere abbandonata in Europa (nessun cenno agli oltre centomila soldati russi schierati al confine con l'Ucraina) e dall'altra si condanna «il ruolo nocivo degli Stati Uniti per la pace nell'Asia-Pacifico», con chiaro riferimento al sostegno a Taiwan e alla creazione della nuova alleanza militare Aukus tra Usa, Gran Bretagna e Australia.
I ministri degli Esteri Wang Yi e Sergei Lavrov hanno anche firmato un documento comune che impegna Cina e Russia ad intensificare le relazioni bilaterali «per salvaguardare equità e giustizia a livello globale»: una formula che allude in generale alla comune
ostilità all'egemonia americana e nello specifico alla volontà di fare scudo comune a future sanzioni economico-finanziarie occidentali creando un sistema basato sulle valute dei due Paesi, ma soprattutto su quella cinese.
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