Gentile Direttore Sallusti, ho sfogliato con circospezione l'inserto di lunedì scorso che è stato pubblicato per il cinquantenario del Giornale. E le spiego la circospezione. Ogni volta che si rivà alla nascita di questo quotidiano, si ricordano i fondatori e si cita, come en passant, anche mio padre, Cesare Zappulli. Tra queste firme mio padre svolse invece un ruolo affatto speciale, in quanto il suo impegno fu fondamentale per gli esordi della testata e per la sua affermazione. Egli ha coperto, con rara competenza e chiarezza di esposizione, tutto il settore dell'economia, segnando la linea e l'indirizzo del nuovo quotidiano, agevolato anche dalla considerazione di cui egli godeva presso i governatori della Banca d'Italia ed i ministri delle Finanze succedutisi in quegli anni.
Seguitissimo dai lettori, che avevano per lui un'ammirazione quasi fanatica, egli ha affiancato Montanelli nel ruolo di condirettore, ma di fatto occupandosi della direzione, in quanto l'organizzazione e la cucina del giornale non erano certo nelle corde del grande scrittore di Fucecchio, per il quale mio padre è stato sempre il braccio destro, il confidente, il consigliere e lo stuntman, nel senso che gli appianava le «grane». Perché egli era generoso di sé, accondiscendente ed aperto.
Era un uomo di vasta cultura ma mai serioso o altezzoso come invece molti colleghi di fama o direttori di quotidiani: snob, compresissimi della propria importanza e del proprio ruolo. E tra di essi lo stesso fucecchiese, firma impareggiabile, ma tanto preso di sé, altezzoso e così disumano. Mio padre, all'opposto, era sempre alla mano con tutti, pronto alla battuta e di grande conversazione. «Sempre desideroso di fare piacere», come un'amica di famiglia diceva di lui. Una persona come non se ne incontrano due nella vita. Ho detto della sua cultura, devo aggiungere un fatto che sorprende sempre noi figli. Mio padre ha lasciato un fondo di più di 5.000 libri di storia, di economia, di saggi, di narrativa, che noi abbiamo riordinato questo sì, lo abbiamo fatto e collocato in una bella biblioteca. Ebbene, ogni volta che apriamo un volume, che sia La Nuova Classe di M. Gilas, i Racconti di Cechov, o Grandezza e decadenza di Roma, troviamo puntuali le sue annotazioni a margine. Non li raccoglieva i libri, li leggeva e li studiava.
La biblioteca ospita anche la ricca corrispondenza e la raccolta di documenti che è molto estesa e va dai ritagli di giornale che aveva conservato, agli atti della Banca d'Italia con le considerazioni dei governatori, agli atti dei Congressi del PCUS, e della Nuova Politica Economica dell'URSS.
Sovietologo, egli era stato infatti corrispondente del Messaggero negli anni 1956 57 da Mosca, dove accadeva che venisse invitato ai ricevimenti del Cremlino; qui Krusciov gli faceva cenno di avvicinarsi e si intratteneva con lui, e con molti bicchierini di vodka, in russo.
Quando mio padre ci lasciò, ancora giovane, nel giorno dei Santi Pietro e Paolo 40 anni fa, l'On. Emanuele Macaluso, una vita a Via delle Botteghe Oscure, perciò di idee quanto mai distanti dalle sue, mi scrisse: «abbiamo perso una bussola». Ebbene, avevo immaginato sbagliando che prima e poi la redazione del Giornale avrebbe pubblicato una raccolta dei suoi pezzi più significativi. Perché non l'ho fatto io? Perché all'inizio dell'età adulta mi è capitato un impiccio di quelli che ti mangiano una vita.
Torno, torno all'inserto di lunedì scorso, dove a pagina 22 compare un articolo a firma Cesare Zappulli datato 25.6.
1974 (il numero di apertura del Giornale), articolo corredato dalla foto di un pacioso signore che non so chi sia. No, veramente la foto mi è nota. È quella che appare da tanti anni in rete dove è stata messa dalla Camera di Deputati sotto al nome di mio padre.
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