Nè pazzo né irrazionale, purtroppo: semplicemente, imperiale. È diffusa la tendenza di interpretare le mosse di Vladimir Putin utilizzando le categorie della psicanalisi freudiana o quelle della politica repubblicana e comunque sempre pensando troppo a quel che si agita nella testa dell'uomo e troppo poco a quel che è scritto nella storia della nazione di cui l'uomo è espressione. È un errore. La Russia non è uno Stato, è un Impero. E imperiale è la sua vocazione. Il mito della Terza Roma, le ambizioni degli Zar, le spire del comunismo, le prevaricazioni dell'internazionalismo e i furori del nazionalismo sono solo gli abiti che hanno ammantato e ammantano leadership imperialiste sentimentalmente connesse all'intramontabile idea di una Grande Russia. È perciò difficile immaginare che nella testa di Putin dopo l'Ucraina non ci sia la Georgia e via di seguito fino a consolidare una solida sfera di influenza geopolitica. Ed è difficile immaginare che Putin possa sedersi con animo costruttivo ad un qualche tavolo della pace senza aver incassato per sè e per il proprio Paese il riconoscimento ufficiale di potenza globale. È questo l'enorme problema che l'Occidente ha di fronte. E non è il solo. I problemi sono tre. E sono simili. Oltre alla Russia di Putin, infatti, anche la Cina di Xi Jinping e la Turchia di Erdogan hanno riscoperto la propria vocazione imperiale e stanno ricomponendo il puzzle dei loro antichi domini a scapito dell'Occidente. Xi lo fa sfruttando il blasone di partner commerciale munifico e grazie alla potenza della Tecnica e dei suoi fondi sovrani di investimento; Erdogan lo fa abusando del rango di alleato Atlantico con gli strumenti della diplomazia militare, della forza e del richiamo islamico; Putin lo fa esibendo lo stigma del Nemico attraverso l'antica forza degli eserciti e il ricatto del gas. Indossano maschere diverse come i cowboy di Sergio Leone, i tre imperatori, ma pur dormendo in letti diversi fanno sogni simili. Xi il Buono, Erdogan il Brutto e Putin il Cattivo sono spinti dalle medesime forze della Storia e sono incoraggiati nei loro disegni neoimperialistici dalla crisi di mezz'età che paralizza il giovane impero americano e dalla crisi di identità che disorienta l'intero Occidente.
Se non vogliamo adattarci prima o poi al rango di colonia, dobbiamo scongiurare il rischio di rafforzare due imperi per indebolirne uno e dobbiamo dare sostanza politica e dignità militare al sogno europeo, scegliendo attorno a quale asse nazionale farlo girare.
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