Uno scrosciante applauso ha accolto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al suo ingresso ieri nell'aula del Bundestag, dove ha tenuto un discorso in occasione della Conferenza sulla ricostruzione dell'Ucraina (Urc), in corso a Berlino, tornando a chiedere i sistemi Patriot - «almeno sette» - e ogni tipo di armamento che possa aiutare la difesa aerea di Kiev. L'ovazione ha coinvolto l'intero emiciclo, tranne i banchi di estrema sinistra ed estrema destra, rimasti vuoti. I deputati sia dell'Alleanza Sahra Wagenknecht - Ragione e Giustizia (Bsw) sia di Alternativa per la Germania (Afd) hanno boicottato l'intervento di Zelensky. Una rappresentazione di quella vicinanza alla Russia, spacciata per strumentale pacifismo, che caratterizza entrambe le formazioni. Grave sgarbo istituzionale, il coup de théâtre è divenuto un sonoro schiaffo a Zelensky, nel comunicato con cui i copresidenti di AfD, Alice Weidel e Tino Chrupalla, annunciavano l'uscita del loro gruppo dall'aula. Un «presidente straccione» in «tuta mimetica» che rimane in carica solo perché il suo Paese è in guerra, ossia è privo di legittimazione: in questo modo i capi di AfD hanno insultato Zelensky. Per Weidel e Chrupalla, l'Ucraina ha bisogno di un «presidente pronto a negoziare la pace»: un implicito auspicio di un cambio di regime a Kiev per porre fine al conflitto, magari alle condizioni della Russia che l'ha scatenato. L'aggressione di Mosca contro l'Ucraina è stata, invece, esplicitamente condannata dal Bsw. Allo stesso tempo, il partito ha accusato il presidente ucraino di contribuire ad alimentare la tensione, accettando il rischio di un conflitto nucleare con conseguenze devastanti per tutta l'Europa.
Per nulla intimidito da Afd e Bsw, Zelenksy ha tenuto un discorso in cui ha evidenziato come la guerra nel suo Paese debba finire senza che vi siano dubbi sul vincitore, ossia il suo Paese. Inoltre, l'Ucraina non dovrà essere divisa, come la Germania dopo la seconda guerra mondiale, cedendo territori alla Russia. Per Zelensky, il Paese aggressore dovrà assumersi le responsabilità del conflitto e pagare per i danni che ha causato. L'Ucraina ha, infatti, un enorme bisogno non soltanto di armi per difendersi, ma anche di finanziamenti per la ricostruzione: 500 miliardi di euro in dieci anni, secondo il cancelliere tedesco Olaf Scholz. L'Italia farà la sua parte, come ha dichiarato all'Urc il ministro degli Esteri Antonio Tajani, fornendo al Paese aggredito dalla Russia un sistema per la difesa aerea Samp/T e 140 milioni di euro per interventi di sostegno alle infrastrutture. In particolare, 45 milioni saranno destinati alla ricostruzione della cattedrale della Trasfigurazione di Odessa, «città che sentiamo italiana», come ha affermato il titolare della Farnesina. Per l'Ucraina si è mobilitato l'intero sistema Italia, in una sinergia di governo e imprese che vede numerose aziende presenti all'Urc. Ora, la regia del sostegno internazionale all'ex repubblica sovietica passa alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che guiderà il vertice del G7 in programma a Borgo Egnazia da domani al 15 giugno.
Dagli Stati Uniti arriva intanto la notizia del via libera americano all'utilizzo di armi statunitensi, destinato alla Brigata Azov, l'unità militare ucraina considerata una delle migliori dell'esercito di Kiev e nota per la sua tenace resistenza.
Il Dipartimento di Stato, secondo il Washington Post, ha revocato un divieto imposto anni fa. Immediata la reazione stizzita del Cremlino, che tramite il portavoce Peskov accusa gli Usa di «essere pronti a flirtare con i neonazisti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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