Garanzie e sicurezza (e qualche altro soldo, se possibile). Questo ha chiesto il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky a Bruxelles in occasione del consiglio europeo. Troppo forte l'esigenza di lavorare per porre fine alla guerra, a più di mille giorni dall'inizio del conflitto. Il consesso europeo è molto attento, così come la nuova Casa Bianca targata Trump. «Vogliamo la pace, vogliamo una pace stabile ed è ovvio che la Russia non è interessata a questo e lo dimostra costantemente», dice Zelensky. Secondo cui Putin «è pericoloso perché a lui non interessa nulla. È pazzo, penso».
Punto di partenza un eventuale cessate il fuoco: «Non possiamo convivere con un conflitto congelato nel nostro territorio», rivendica, dal momento che quando si parla di cessate il fuoco «le persone sanno cosa succederà dopo, come dovrebbe finire», per cui chiede che si sappia cosa succederà domani, per un cessate il fuoco oggi, «altrimenti stiamo solo congelando il conflitto e basta». In secondo luogo mette l'accento sulla convergenza di policies tra Usa e Ue «essendo l'ingresso della Nato la sola garanzia solida». Ma dal momento che si tratta di una prospettiva al momento lontana ciò che serve in questo lasso di tempo sono le cosiddette soluzioni «ponte».
Qui entra in scena Donald Trump a cui Zelensky chiede sostegno «per concludere la guerra: il presidente è un uomo forte e voglio davvero che sia dalla nostra parte, questo è molto importante, voglio davvero che Trump ci aiuti e che questa guerra finisca». Oltre alle intenzioni ci sono dettagli strategici come la cosiddetta zona cuscinetto tra Ucraina e Russia con la garanzia di un controllo gestito da truppe europee: ma se da Francia e Italia c'è stata apertura, altri paesi hanno già sollevato dubbi. Kiev si aspetta che Bruxelles e Washington lavorino fianco a fianco «per una pace che duri non solo per la sospensione delle ostilità che servirebbe a Putin per prendere tempo». Passaggio che ha trovato il favore del cancelliere tedesco uscente Olaf Scholz, secondo cui una «buona cooperazione Europa-Stati Uniti è possibile sulla base del principio che nessuna decisione deve essere presa sulla testa degli ucraini». Ma Zelensky non parla a Berlino, bensì a Budapest: su Orban dice che nutre rapporti «troppo cordiali» con Putin, mentre al premier slovacco Fico rinfaccia la posizione sul transito del gas russo dall'Ucraina («vergognoso parlare di soldi»).
Ecco il nesso con l'altra macro questione connessa alla guerra: il gas. A fine mese infatti scadrà l'accordo di transito del gas russo verso l'Europa attraverso l'Ucraina. «Non prolungheremo il transito del gas russo e non daremo la possibilità che ulteriori miliardi siano guadagnati sul sangue del nostro popolo», promette il presidente ucraino, inviando un messaggio diretto a quanti acquistano gas a basso costo da Mosca: «Prima o poi ne diventeranno dipendenti».
Un ragionamento che investe anche il gas acquistato tecnicamente dall'Azerbaigian.
«Transiteremo il gas solo se non proviene dalla Russia», per poi offrire una sponda, come se farsi l'essere concavi o convessi sia già il nuovo abito da indossare al tavolo diplomatico del 2025: se un Paese acquirente è pronto a ricevere il gas ma non pagare la Russia fino alla fine della guerra, «possiamo pensarci».
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