Non appena l'esercito russo ha invaso l'Ucraina trascinando l'Europa intera in una guerra tanto folle quanto sanguinaria è subito partita la caccia agli amici dello Zar. Un'operazione mediatica tesa a colpire non solo i sostenitori di Vladimir Putin e delle sue folli "ragioni" ma anche chiunque in passato abbia avuto rapporti con il Cremlino o si sia adoperato per favorire il dialogo tra la Russia e le potenze occidentali. Sui giornali sono fioccate vere e proprie liste di proscrizione, soprattutto a destra. Dall'altra parte, tra i progressisti, era tutto un voltare lo sguardo e poi puntare il dito contro i leader avversari accusandoli, nemmeno troppo velatamente, di aver spianato la strada alla guerra in Ucraina. Oggi lo stesso tipo di attacco è partito dal vice presidente della commissione Ue, Frans Timmermans, che a Mezz'ora in Più ha appunto invitato "gli amici di Putin, anche in Italia", a dire "ci siamo sbagliati" anziché nascondersi sotto il tavolo.
C'è un prima. Prima della Crimea, prima della guerra nel Donbass, prima delle sanzioni. Quel prima è stato segnato da un continuo tentativo di avvicinare il Cremlino all'Unione europea. La Guerra Fredda era ormai lontana e si poteva pensare a ricostruire i rapporti, non solo a livello commerciale. Le tensioni non mancavano nemmeno allora, è ovvio, ma l'apertura della Russia all'Occidente sembrava possibile. Le aggressioni dello Zar hanno distrutto questi tentativi e col passare degli anni la diplomazia si è fatta sempre più difficile. Eppure, nonostante le invasioni e le sanzioni, i rapporti con i leader europei non sono mai venuti meno. Anzi: proprio nei momenti più difficili, non è mancata la diplomazia "parallela" per riportare lo Zar a più miti consigli, come testimonia il viaggio di Silvio Berlusconi in Crimea nel 2015. Una strada tentata non solo dai leader di centrodestra. All'inizio del 2014, era Enrico Letta a vedere Putin e poi, mesi dopo, toccava invece a Romano Prodi ad essere ricevuto al Cremlino. Era il 18 dicembre 2014 e sul tavolo c'era anche il dossier Ucraina dove il conflitto nel Donbass infiammava già metà aprile.
Per Timmermans, però, gli "amici di Putin" sono solo i populisti. E tra questi, in modo particolare, Matteo Salvini. Non fa mai il suo nome ma gli riserva un'allusione piuttosto trasparente. "Gli amici di Putin sono molto zitti adesso", dice a Mezz'ora in Più su Rai3. "Non ho ancora sentito le loro scuse, nemmeno in Italia - incalza poi - sono sotto il tavolo, ma dovrebbero essere più più chiari e dire 'Cari amici italiani, ci siamo sbagliati, non porteremo mai più magliette con l'immagine di Putin'". Il riferimento è a una vecchia foto postata sette anni fa dal leader della Lega e che lo ritrae nella piazza Rossa con addosso la t-shirt incriminata. "È stato fuori luogo e inopportuno", replica a stretto giro il deputato del Carroccio, Lorenzo Fontana. "Si preoccupi dei disoccupati - continua - risparmi il fiato per qualcosa di più costruttivo e utile alle comunità".
Scatenare la caccia agli "amici di Putin" in un momento difficile come quello che stiamo vivendo ora non giova a nessuno. Come non giova a nessuno rinfacciare il passato, anche quando questo rischia di essere ingombrante e fare a pugni con il presente. Oggi più che mai l'Unione europea ha bisogno di marciare compatta e non alzare i toni col rischio di creare divisioni al suo interno. Attaccare il leader di un partito governativo non va certo in questa direzione. Anziché perdere tempo con queste polemiche, insomma, la Commissione europea dovrebbe preoccuparsi dei dossier che contano davvero, come l'ingresso dell'Ucraina nella Ue.
Un atto che non può certo aspettare quindici-vent'anni come pronosticato oggi dal ministro per gli Affari Europei francesi, Clement Beaune. Anziché guardare al passato e abbandonare Kiev, Bruxelles dovrebbe guardare al presente e costruire un futuro di pace.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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