«Le regioni devono capire che il colore assegnato non è una punizione. Il sistema per fasce diversificate non è una pagella ma modo efficace per tutelare la salute pubblica». La professoressa Patrizia Laurenti, docente di Igiene e direttore dell'Unità operativa complessa di Igiene Ospedaliera della Fondazione Policlinico Gemelli, condivide il sistema di analisi messo in atto dal ministero della Salute.
Le regioni chiedono di ridurre gli indicatori.
«É un sistema che ritengo valido per categorizzare il rischio, che non è soltanto sanitario ma anche sociale. Occorre prendere in considerazione la probabilità di diffusione, l'impatto sui servizi sanitari e la resilienza da parte dei territori che varia moltissimo. Quindi è ovvio che il rischio è diverso e dipende da tanti fattori. La capacità di tamponamento, il numero dei posti letto, il personale sanitario variano e quindi varia anche il livello del rischio a seconda delle aree. Voglio sottolineare che anche le zone gialle devono adottare comportamenti prudenti. Anzi proprio perché sottoposte a misure meno rigide e quindi con più occasioni di rischio il livello di attenzione deve anche essere superiore.
In zona rossa materna, infanzia e prima media dovrebbero restare aperte ma molte regioni hanno scelto di chiuderle. È d'accordo?
«Abbiamo una certezza: la scuola di per sé non genera focolai. Allo stesso tempo sappiano che la curva di crescita è diventata esponenziale esattamente 14 giorni dopo la ripresa delle lezioni in presenza. Si tratta di un effetto indiretto dovuto a quello che succede prima di entrare e una volta usciti. Si poteva e doveva fare di più per modulare ingressi ed uscite e supportare la mobilità dei ragazzi che devono tornare in aula».
Anche ieri il numero delle vittime di Covid ha segnato un nuovo record. Il nostro paese è fra i primi per mortalità. Perché?
«Quello della mortalità è un dato al quale non dobbiamo soccombere. Dobbiamo fare di tutto per proteggere i nostri anziani fragili. In Italia il 30 per cento della popolazione ha più di 65 anni e presenta nella sua maggioranza comorbilità. Ad esempio tra gli anziani la broncopneumopatia cronica ostruttiva è diffusissima. Il numero dei morti è espressione della ripresa. Il virus circola in modo molto più intenso rispetto alla prima fase».
La diffusione del virus frena?
«Rallenta ma la curva cresce comunque anche se non in modo esponenziale»
Quando possiamo aspettarci una discesa?
«Guardiamo a marzo: con un lockdown pesante di 40 giorni abbiamo ottenuto buoni risultati. Ora possiamo aspettarci una deflazione più lenta perché le misure sono meno stringenti. Direi che dobbiamo aspettare almeno altri 15 giorni».
Quando arriverà il vaccino saremo pronti per una rapida distribuzione?
«Noi qui abbiamo un buon modello organizzativo per il vaccino antifluenzale che però si misura su numeri piccoli.
Il governo deve partire per affrontare la somministrazione su larga scala. I nodi sono disponibilità di personale per la somministrazione; approvvigionamento e monitoraggio delle scorte; piattaforma on line per la prenotazione che evita file ed assembramenti».
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