Porte aperte: la nuova parola d’ordine

Il programma di mega-sanatoria per i clandestini e di permessi «temporanei» per gli extracomunitari che vengano da noi senza lavoro, ma dichiarando di volersene trovare uno, dimostra quale sia il vero programma del nuovo ministro per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero: porte aperte per tutti, sempre, comunque. Il nuovo governo non ha ancora superato i postumi del travaglio del parto, avvenuto secondo il manuale Cencelli di ostetricia politica, ma i suoi componenti più freschi già scalpitano e procedono per autonomi annunci, tanto chi volete che li bacchetti sulle manine? Prodi?
Ferrero ha parlato a Radio Baobab e ha spiegato che la regolarizzazione dei clandestini e la definizione dei permessi temporanei – da noi nulla è più definitivo di ciò che si definisce provvisorio – saranno varate entro i primi cento giorni dell’attività di governo. Porte aperte, dunque, e siamo certi che l’annuncio del ministro provocherà fra i disperati dell’Asia e dell’Africa una nuova spinta a raggiungere comunque l’Italia, nella certezza che chi avrà la possibilità di toccarne le sponde potrà restare. Il ventre molle d’Europa diventerà un’immensa porta senza guardiani.
Ferrero ha spiegato che si potranno regolarizzare i clandestini che lavorino; ma se sono clandestini è evidente che la condizione di lavoratori non risulterà da nessuna parte. Come si procederà? Con l’autocertificazione? Ancora più insidiosa la formula dei permessi temporanei: chi vigilerà quando scadranno i permessi? E di quante centinaia di migliaia di operatori ci sarà bisogno per controllare flussi immani di persone? Non sarebbe più corretto dire puramente e semplicemente che chiunque potrà stabilirsi in Italia? Paolo Ferrero ha una vena lapalissiana quando dice che le nuove misure ridurranno il fenomeno dei clandestini: è evidente, se non ci sarà più nessun divieto, nessuno potrà infrangerlo.
Col governo di Romano Prodi la prevalenza della sinistra radicale porta al potere l’esasperazione di vecchie ideologie fallite e utopie premoderne. In questo programma dissennato non c’è alcuna considerazione delle possibilità reali del Paese, fisiche ed economiche, della sua capacità di accoglienza. Non c’è alcuna valutazione delle tensioni che si avvertiranno in Italia. I nostri concittadini, nella stragrande maggioranza, non sono razzisti, ma se il programma delle porte aperte sarà realizzato il disordine che necessariamente ne discenderà provocherà reazioni. Soprattutto nella parte più fragile ed esposta della popolazione, quella che vive nei quartieri degradati, nelle periferie disumanizzate, senza servizi degni di questo nome. Nemmeno a studiare con puntiglio si potrebbe trovare un sistema più sicuro per innescare guerre fra poveri. Bella solidarietà sociale.
La verità è che una certa sinistra vuole le porte aperte, punto e basta. Cerca un nuovo proletariato che sostituisca quello che in Occidente s’è smagrito troppo. È anche chiaro che quella stessa sinistra non vuole un’immigrazione qualificata. Si oppone alla direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi, ma vuole l’afflusso incontrollato di un’immigrazione stracciona, di difficile integrazione.

Senza contare che sulle stesse strade e rotte dei disperati viaggiano criminali pronti a tutto tranne che a lavorare, ma che certamente chiederanno il permesso temporaneo. Del resto, avevamo le mafie nostre, adesso abbiamo anche quella nigeriana, albanese, cinese, russa. Globalizziamo anche il crimine. E tutto questo nei primi cento giorni.

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