Povera Leni, trattata come una valletta

Corsi e ricorsi storici. Chi è stato una volta «sdoganato», tremi, perché può sempre arrivare, improvviso, il ripudio e la ricaduta nell’inferno. Così sembra stia capitando a esempio alla immensa regista Leni Riefenstahl.
Autrice negli anni Trenta di film come Il trionfo della volontà e Olympia, è stata considerata nell’immediato dopoguerra una bieca nazista. Poi la bellezza della sua opera ha prevalso sulle etichette ideologiche e la regista tedesca ha cominciato a trovare ammiratori accesi, sostenitori impensabili, e la sua fama è stata riverginata e l’ha accompagnata sino al termine della sua lunghissima, avventurosa vita (è scomparsa, l’8 settembre 2003, a 102 anni, longeva come Ernst Jünger).
I consensi per Leni Riefenstahl sono arrivati dalle parti più strane e disparate: l’hanno ammirata Steven Spielberg e George Lucas, in cui si è espresso nei nostri tempi il massimo di creatività affabulatrice, e in Italia credo Enrico Ghezzi, in cui si è espresso il minimo. L’autore della saga di Guerre stellari, mitologia trasportata nello spazio, ha dichiarato addirittura di aver tratto ispirazione da Leni.
Ma oggi ecco comparire in America due saggi, il primo dovuto a Steven Bach, il secondo a Jürgen Trimborn che smontano l’immagine della Riefenstahl come «artista pura». Altro che pura. Era nazista, amica di Hitler e, ascoltate bene i nuovi capi d’accusa che fanno tremare le vene e i polsi, era «in primo luogo una gran carrierista», che «andò a letto con tutti gli uomini che avrebbero potuto aiutarla nella sua carriera».
La cosa terribile è in realtà scoprire che illustri studiosi ricorrono a considerazioni da «vallettopoli», che noi speravamo rimanesse una povera questione nostrana. Capisco che gli dèi se ne vanno e che i tempi amano la mediocrità. Ma possibile che vengano usati contro quell’immensa artista che è stata Leni argomenti così ovvii, forse neppure buoni per «ragazze» (non so in che cosa consista il loro mestiere specifico) come Elisabetta Gregoraci e Flavia Vento?
Se è per questo, anche Marilyn Monroe, nata Norma Jean Baker, fu una formidabile carrierista e si racconta che al primo importante contratto con una delle grandi case produttrici di Hollywood esclamò compiaciuta che da quel momento poteva finire la sua lunga pratica del coito orale.

E allora? Marilyn rimane il grande sogno d’amore della mia generazione.
Leni rimane l’autrice di film possenti, grandiosi, in cui si esprime una religione della bellezza intramontabile. Mentre è tramontato ignominiosamente il nazismo.

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