Maglioncino e giubbotto casual, il milanese Luca Cerizza, curatore del Padiglione Italia alla 60ª Biennale d'Arte di Venezia che aprirà il 20 aprile, va dritto al punto: «Ci saranno poche immagini e molte vibrazioni. È un progetto affidato a un artista solo, ma, come in una jam session, propone una polifonia di voci di generazioni e provenienze diverse». Lo si era capito già nei mesi scorsi, quando aveva svelato il titolo del padiglione, concepito con l'assistenza di Francesca Verga: «Due qui / To hear», a giocare sull'assonanza fra twohere, «due qui», e to hear, «sentire», in inglese. A Venezia l'Italia ragionerà dunque sulla natura relazionale del suono, con una grande installazione dell'artista Massimo Bartolini, 61 anni, toscano, che torna in Laguna dopo la partecipazione del 2013.
Durante la presentazione di ieri alla stampa, Cerizza non ha voluto svelare troppo, «per non rompere il piacere della visita di un progetto che ha un forte carattere esperienziale» (e con un corposo public program che coinvolgerà anche gli scrittori Tiziano Scarpa e Nicoletta Costa). Sappiamo però che questo «padiglione sonoro» sfrutterà - bella notizia - anche lo spazio del giardino «da cui si potrà anche accedere, per un percorso volutamente non lineare». Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini dell'Arsenale è «di grande fascino», ma complesso: a questo proposito Angelo Piero Cappello, direttore generale Creatività Contemporanea e commissario del Padiglione Italia, non esclude per il futuro, previo confronto con il neopresidente della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco, qualche cambiamento: «Sarebbe legittima una ricollocazione in posizione più rappresentativa: la Biennale è anche una preziosa occasione di diplomazia culturale».
Nel frattempo, si lavora: nei giorni scorsi il compositore inglese Gavin Bryars e suo figlio Yuri hanno già registrato la traccia che animerà l'installazione sonora costruita attorno alcuni alberi del giardino, ispirata ai versi dell'argentino Roberto Juarroz (1925-1995). All'interno, una grande installazione ambientale sonora, attraversabile dai visitatori, sarà costruita «pensando alla cultura barocca - aggiunge Cerizza - per un percorso in cui ci si muove alla ricerca di un centro, di un punto di pacificazione da cui ascoltare al meglio la musica commissionata a due giovani e valenti musiciste, l'italiana Caterina Barbieri e l'americana Kali Malone». Citando John Cage («la musica sarebbe ovunque se solo avessimo orecchie»), il curatore ha poi mostrato un disegno di Bartolini: è lo schizzo della statua che vedremo nella Tesa 2 del Padiglione, unico intervento figurativo presente. L'artista lo commenta così: «L'iconografia dell'immagine, molto diffusa in Laos o Corea, è quella del Bodhisattva Pensieroso: una semi-divinità che non fa nulla. Pensa. Suggerisce il riposo, l'inazione e attira l'attenzione su quel che è dentro di noi, che è ciò che davvero mi importa nella mia ricerca artistica. È un'immagine che chiunque può capire. Mi auguro che il Padiglione Italia faccia stare in silenzio per cinque minuti chi lo visita: sarebbe già un bel risultato».
Il progetto, sostenuto dal Mic con 800mila euro di investimento, cui vanno ad aggiungersi 400mila euro degli sponsors (Tod's come partner e Banca Ifis), è particolarmente piaciuto al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che lo ha scelto dalla rosa finale cui si è arrivati, per la prima volta nella storia della Biennale d'Arte, dopo una call aperta, ad ampia partecipazione. Tutto bene? Non proprio: sulla Biennale soffiano venti di guerra e ieri la petizione per escludere il Padiglione di Israele dalla manifestazione ha raggiunto 8mila firme fra artisti, curatori e operatori dell'arte (tra i nomi di spicco Nan Goldin, Milene Parr, Brian Eno e gli italiani Simone Frangi e Cesare Pietroiusti).
«Inaccettabile - ha risposto il ministro Sangiuliano -: Israele ha non solo il diritto di esprimere la sua arte, ha il dovere di dare testimonianza. La Biennale sarà sempre uno spazio di libertà, di incontro e di dialogo e non uno spazio di censura e intolleranza».
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