Sono poco più di 4 milioni i lavoratori dipendenti che risultano iscritti ai fondi pensione cosiddetti negoziali, o “chiusi”, poiché la condizione per potersi iscrivere è l’adesione a un contratto collettivo nazionale di lavoro (ma esistono anche accordi territoriali) , che prevede appunto la costituzione di uno specifico fondo pensione. I metalmeccanici possono iscriversi solo al fondo Cometa, i chimici a Fonchim, e così via. La prossima settimana si svolgerà l’assemblea annuale dell’associazione, Assofondipensione, cui aderiscono i 32 fondi pensione chiusi esistenti, con un patrimonio complessivo di 67 miliardi di euro.
I numeri fotografano quella che è una condizione generale, non rosea, di iscrizione ai fondi pensione in generale: i lavoratori dipendenti rappresentano oltre il 40% di tutti gli italiani (9,6 milioni a fine 2023) che hanno scelto un fondo pensione (compresi quelli aperti, i Pip o i fondi preesistenti). Ma se rapportati ai circa 13 milioni di lavoratori dipendenti totali, solo un terzo ha scelto di scommettere sulla “pensione di scorta”.
L’assemblea di Assofondipensione avrà come tema “l’inverno demografico” e l’intelligenza artificiale, due fattori che rischiano di determinare un calo sensibile nel numero di lavoratori (e quindi anche di contribuenti della previdenza complementare). I fondi negoziali hanno fatto registrare 211.000 posizioni in più rispetto alla fine dell’anno precedente (+5,5%).
Chi può aderire a un fondo chiuso
Gli incrementi maggiori continuano a rilevarsi nel fondo rivolto al settore edile (+87.700 posizioni), destinatario dell’adesione contrattuale di lavoratori attraverso il versamento di un contributo, ancorché di importo modesto, a carico del solo datore di lavoro, e nel fondo del pubblico impiego (+37.600 posizioni), per il quale è attiva l’adesione anche tramite silenzio-assenso per i lavoratori di nuova assunzione.
Ma chi può scegliere di farsi una “pensione di scorta” utilizzando un fondo pensione chiuso o negoziale?
- dipendenti del settore privato che appartengono alla stessa categoria contrattuale, alla stessa impresa o gruppo di imprese o territorio;
- dipendenti del settore pubblico;
- soci lavoratori di cooperative;
- lavoratori autonomi e liberi professionisti, anche organizzati per aree professionali e territoriali.
Gli accordi
I fondi pensione negoziali possono essere istituiti in base a specifici atti e accordi di natura contrattuale:
- contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dai rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori. In assenza, tramite regolamenti aziendali;
- accordi tra i soci lavoratori di cooperative;
- accordi tra lavoratori autonomi e liberi professionisti promossi dai relativi sindacati o associazioni di categoria regionali e nazionali.
- Anche le Regioni, con legge regionale, possono istituire un fondo pensione negoziale.
I contributi da versare
Per il lavoratore dipendente del settore privato la contribuzione viene stabilita in sede di contrattazione collettiva. Il datore di lavoro verserà sulla posizione individuale dell’aderente:
- il contributo a carico del lavoratore, nell’importo previsto dall’accordo collettivo o regolamento aziendale (ferma restando la possibilità di contribuire in misura superiore);
- il contributo dell’azienda, nella misura prevista dall’accordo collettivo o regolamento aziendale (cui il lavoratore ha diritto solo se effettua il proprio versamento);
- il TFR futuro (cioè il TFR maturato dal momento dell’adesione), in tutto o in parte, in base a quanto previsto dall’accordo collettivo o regolamento aziendale.
È possibile versare anche il solo TFR; in tal caso il datore di lavoro non ha l’obbligo di versare il proprio contributo. Se l’adesione avviene mediante il meccanismo del conferimento tacito del TFR e in quella contrattuale, è opportuno che il lavoratore valuti di integrare le somme versate con il proprio contributo. In tal caso, il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare l’ulteriore versamento secondo quanto previsto dagli accordi.
Le categorie di investimento
Il fondo pensione negoziale offre all’aderente una o più linee di investimento (o comparti). Ciascuna linea è caratterizzata da una combinazione di strumenti finanziari che tiene conto anche dell’orizzonte temporale dell’investimento e da una specifica relazione di rischio e rendimento. Le linee di investimento sono classificate in base agli strumenti finanziari che vengono acquistati e sono riconducibili alle seguenti categorie:
- garantite (offrono una garanzia di rendimento minimo o di restituzione del capitale versato al verificarsi di determinati eventi, a esempio, al momento del pensionamento);
- obbligazionarie pure o miste (investono solo o prevalentemente in obbligazioni);
- bilanciate (investono tendenzialmente in azioni e in obbligazioni nella stessa percentuale);
- azionarie (investono principalmente in azioni).
Le linee azionarie (sottoscritte da meno del 10% degli aderenti) stanno dando ottimi risultati in termini di rendimento.
Le linee garantite e quelle obbligazionarie mostrano invece rendimenti medi vicini allo zero o di poco superiori; le gestioni separate di ramo I dei PIP, che contabilizzano le attività al costo storico e non 1 al valore di mercato, ottengono un rendimento dell’1,8 per cento. Nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2,4 per cento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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