Chi è in pensione può decidere di svolgere un’attività professionale anche a tempo parziale oppure per un tempo limitato. Che sia per libera scelta oppure per necessità, è opportuno che ognuno si chieda quali conseguenze possono configurarsi sia dal punto di vista delle leggi sia dal punto di vista fiscale.
La prima differenza che riguarda i lavoratori pensionati è da ricercare nei regimi di pensione anticipata perché, in linea di massima, la normativa attuale prevede che la pensione non sia cumulabile con redditi da lavoro dipendente o autonomo fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Ma andiamo per gradi.
Lavoratori pensionati, cosa dice la legge
Per approfondire il contesto occorre risalire al 2009, quando il legislatore ha deciso di non porre limiti a chi, pure percependo un assegno Inps per la pensione di vecchiaia, volesse svolgere un’attività lavorativa.
La discriminante, in questo caso, è proprio l’accesso alla pensione di vecchiaia, ossia quella conseguita con il raggiungimento dell’età di 67 anni e con un mino contributivo di 20 anni. In questo caso, il pensionato può svolgere qualsiasi attività lucrativa tenendo però presente che il cumulo dei redditi si sommano e restituiscono un’unica base Irpef.
Quindi, per esempio, il pensionato che nel corso di un anno fiscale avesse percepito 12.000 euro di pensione e altri 4.000 euro da prestazioni professionali dovrebbe dichiarare redditi per un totale di 16.000 euro.
Il lavoro e la pensione anticipata
La cumulabilità con il reddito da lavoro ha una connotazione diversa per chi si trova nel periodo pensionistico, avendo avuto accesso alla pensione anticipata che, dal 2019 al 2023, ha introdotto diversi regimi tra Quota 100, Quota 102 e Quota 103.
Questi sistemi pensionistici sono stati introdotti con il doppio obiettivo di facilitare l’uscita dal mercato del lavoro dei cittadini favorendo nuove assunzioni e di dare maggiore stabilità al sistema previdenziale.
È convinzione del legislatore che il regime della pensione anticipata sia un vantaggio per chi vi ricorre e questo è sufficiente a escludere la possibilità che il lavoratore possa esercitare altre attività che generano reddito.
Occorre fare dei distinguo, perché il divieto di cumulo di redditi è stato riconosciuto dalla sentenza 234/2022 della Corte costituzionale che, però, si limita a porre un veto solo in caso di redditi da lavoro subordinato. La sentenza parla espressamente di Quota 100 ma si estende a tutti i regimi per la pensione anticipata.
Ne consegue che, a prescindere dalla formula di pensionamento anticipato scelta, è possibile cumulare redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale e non da lavoro dipendente per un massimo di 5.000 euro lordi annui.
Facciamo il punto
Entro il limite dei 5.000 euro annui, chi ha aderito a un regime di pensionamento anticipato può cumulare redditi che non siano provenienti da lavoro dipendente, perché questo andrebbe a ledere uno dei cardini su cui si erigono i sistemi voluti dal legislatore (tipicamente Quota 100, Quota 102 e Quota 103), ossia il ricambio generazionale. Un pensionato lavoratore, in questo ambito, toglierebbe margine alle nuove assunzioni.
Le conseguenze in caso di violazione
In caso di violazione del divieto di cumulo è prevista
la sospensione dell’assegno pensionistico da parte dell’Inps. Inoltre, l’Inps richiederà la restituzione degli importi erogati durante l’anno fiscale nel quale la cumulabilità è stata violata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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