L’esecutivo è pronto a riconfermare Quota 103 e a cercare altri fondi per le pensioni. I vincoli di bilancio hanno imposto al governo di riformare completamente il mondo pensionistico italiano e quindi per il 2024 verrà riproposta la misura che prevedere l’uscita anticipata dal lavoro con 41 anni di versamenti e 62 anni di età. Ecco il piano pensionistico previsto per il prossimo anno.
Quota 103
Come anticipato, è stata confermata la proroga per tutto il prossimo anno di Quota 103, i cittadini potranno quindi usufruire ancora un anno della misura. Come sottolineato dal Sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, per il 2024 l’esecutivo ha l’obiettivo di trovare risorse e soluzioni maggiormente efficienti. Durigon ha spiegato a La Stampa: “Quota 103 è l’inizio del percorso di Quota 41 come avevamo chiesto”. La misura produce un’incidenza maggiore sulla spesa in relazione al Pil, questo dato è calcolabile in 8,4 punti percentuali rispetto ai risultati dell’attuale legislazione. Questa misura comporta un finanziamento di circa 4 miliardi che sale a 170 miliardi di euro se calcolata su 50 anni come conferma un report della Ragioneria di Stato.
Opzione donna
Attualmente le lavoratrici del settore pubblico e di quello privato che hanno 35 anni di contributi, maturati entro il 31 dicembre 2022, e 60 anni d’età possono usufruire di Opzione donna. In merito alla misura, è stata prevista una specifica riduzione per le madri poiché una donna che ha un figlio può andare in pensione a 59 anni, una che ne ha due o più a 58. Ricordiamo che per accedere a Opzione donna è necessario avere 60 anni e aver versato 35 anni di contributi maturati entro il 31 dicembre 2022. L’idea del governo è quella di espandere l’agevolazione a una parte di coloro che sono state escluse nel 2023, poiché inizialmente era necessario avere 58 anni per le lavoratrici del pubblico e 59 per quelle del privato. Durigon ha definito questa manovra un “esborso esoso” e quindi bisognerà attendere il prossimo anno per delle agevolazioni pensionistiche nei confronti delle donne.
Il possibile aumento delle pensioni minime
L’esecutivo, inoltre, afferma di essere in fase di valutazione per l’adeguamento delle pensioni minime all’inflazione. Durigon ha affermato in merito alla questione ai microfoni di Radio24: “Vogliamo trovare le risorse perché l’inflazione ha colpito molto di più i lavoratori e i pensionati poveri. Bisogna però ammettere che non solo gli over 75 sono in difficoltà, anche gli altri pensionati hanno bisogno di aiuto”. L’obiettivo del governo sarebbe quello di espandere la platea per dare sostegno a chi percepisce un assegno basso.
Quota 102
L’ipotesi del ritorno di Quota 102 sembra non essere più sul tavolo del governo. La misura previdenziale che prevede la pensione con 41 anni di contributi e 61 di età costerebbe 3,5 miliardi di euro e si riferirebbe a 150mila lavoratori, se considerata l’adesione di tutti gli interessati.
Il progetto dell’esecutivo
Il governo dovrà affrontare una sfida importante nei prossimi anni sia per i prossimi pensionamenti che per quelli in un futuro lontano. I giovani hanno trovato un mercato del lavoro particolarmente ostile tra contratti precari e discontinuità lavorativa, inoltre il dato del decremento delle nascite non consentirà a coloro che andranno in pensione tra diversi anni di avere una pensione dignitosa. Il sistema previdenziale è quindi particolarmente fragile e continuerà a esserlo anche per i prossimi decenni. Il 18 settembre si terrà il prossimo appuntamento tecnico con il ministro del Lavoro, Marina Calderone, mentre il 20 settembre verranno presentate alla titolare del dicastero le proposte messe in campo da parte della commissione incaricata.
Quota 41 secca
In merito a Quota 41 secca, ovvero alla possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica Durigon ha affermato: “La priorità di quest’anno è il taglio del cuneo, così come l’anno scorso era il caro bollette, sono scelte”.
In ogni caso il sottosegretario ha specificato che Quota 41 secca resta un impegno dell’esecutivo, il sottosegretario al lavoro ha specificato la motivazione: “Con il passare degli anni anche l’impatto sui conti pubblici si attenua perché il peso del retributivo sugli assegni diventa sempre più marginale rispetto al contributivo”. La misura, in base alle stime, costerebbe poco più di un miliardo nel 2024 e 2,2 nel 2025.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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