Prodi folgorato da Damasco sui soldati al confine

Il premier ora minimizza: «Solo fraintendimenti». Fi: «Aspettiamo chiarimenti». An: «O lui o Assad mentono»

Alessandro M. Caprettini

da Roma

«Nessuna smentita da Damasco!» giura Romano Prodi da Helsinki dov’era ieri per il summit euro-asiatico. E ancora, su toni ringhiosi: «Stupisce che una iniziativa volta a rafforzare il processo di pace si presti a piccoli fraintendimenti, volti solo ad avvelenare il clima!». Fa riferimento il premier, alla ridda di obiezioni levatesi ieri in Italia dopo che l’agenzia ufficiale siriana aveva smentito secca l’idea che ci potessero essere guardie confinarie europee tra il suo territorio e quello libanese, là dove si muovono gli hezbollah per rimpinguare le loro armerie.
Assicura Prodi che non c’è proprio nulla da smentire rispetto a quello che aveva detto l’altro giorno e che la presa di posizione della Sana (l’agenzia siriana) si deve al fatto che una agenzia internazionale (non nominata) avrebbe sostenuto che si trattava di missione militare. Solo che da Bari, il giorno prima, Prodi aveva trionfalisticamente presentato l’accordo con Bashar Al Assad come raggiunto e aveva fatto capire che la missione europea avrebbe pattugliato i confini. Mentre da Helsinki ieri ha fatto trapelare un’altra storia: perché, come ha detto, il personale sarà sì Ue «senza armi e senza divise», ma il suo compito sarebbe solo quello di «svolgere una funzione di aiuto e formazione delle truppe siriane impegnate nel controllo delle frontiere». Insomma, quando già l’altro giorno ci si chiedeva come fosse possibile che doganieri europei disarmati potessero controllare il traffico d’armi che gli hezbollah avrebbero ripreso di gran lena, ecco che spunta la correzione di tiro: nessun controllo, ma aiuto ai siriani. Che, da quel che si sa, nei mesi scorsi hanno spesso e volentieri chiuso tutti e due gli occhi per la consegna ad hezbollah di armamenti, anche pesanti, provenienti da Damasco o Teheran. Difesa debole quella del Professore. Non se lo aspettava probabilmente che la Sana lo mettesse alla berlina prima del summit dei ministri degli Esteri - in programma a metà settimana - in cui il nostro governo avrebbe presentato l’ipotesi accompagnandola col sì di Assad e quello di Kofi Annan. Invece è andata diversamente. E a questo punto è difficile pensare che a Bruxelles si possa ottenere un via libera, dato che molti Paesi tra i 25 guardano a Damasco ancora con parecchia diffidenza.
Quanto ai «fraintendimenti volti ad avvelenare il clima», in realtà sono stati assai pochi rispetto alla gaffe che è emersa alla stregua di un lampo accecante. Solo un paio di parlamentari di Forza Italia (Romani, Alfano) si chiedono se in effetti «megalomania e pressappochismo» non abbiano avuto un certo ruolo nell’enfasi barese di Prodi. Lo stesso Bonaiuti, portavoce del Cavaliere, si guarda bene dal trinciare giudizi, limitandosi a osservare come lui, al pari di altri, «aspetta ansioso chiarimenti» sulla vicenda. Mentre Zacchera (An) si limita a dichiarare che allo stato dei fatti «o Prodi e Assad non si sono capiti o qualcuno dei due mente». Gira che ti rigira, un fatto è certo: nella notte siriana e, di conseguenza anche nel volo del premier tra Bari ed Helsinki, le cose sono cambiate.

L’accordo di cui si era fatto vanto Prodi aprendo la Fiera del Levante o non c’era o si è sgonfiato dato che non è la stessa cosa pattugliare un confine o dare aiuti ai siriani che dovrebbero farlo. Osserva a questo punto l’azzurro Cicchitto: «Sembra un gioco di prestigio. Prima è scomparso il disarmo di hezbollah, ora anche il controllo alla frontiera siriana».

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